Incendio a SpiaggiaBonetti, la scintilla in un capanno. Esperti per tre ore a caccia di indizi

Il sopralluogo tra i resti dello stabilimento balneare SpiaggiaBonetti a Portonovo
Il sopralluogo tra i resti dello stabilimento balneare SpiaggiaBonetti a Portonovo
di Stefano Rispoli
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Sabato 20 Giugno 2020, 07:30
ANCONA - Tre ore di sopralluogo a caccia di prove per dare un senso al maxi rogo che nella notte tra il 29 e il 30 maggio ha devastato lo chalet SpiaggiaBonetti. Mentre in spiaggia i bagnanti prendevano il sole e sbirciavano incuriositi, al di qua delle reti i periti incaricati dal pm Pucilli di risolvere il giallo di Portonovo hanno setacciato ogni centimetro dell’area sotto sequestro: Giovanni Russolillo, brigadiere capo dei Ris di Roma, e l’ingegnere bolognese Gianluigi Guidi, super esperto di incendi, hanno fotografato ogni residuo dello stabilimento per determinare le temperature massime raggiunte dal rogo, con nastri e picchetti hanno ridefinito il perimetro della struttura, seguendo la planimetria, per individuare la distribuzione spaziale degli elementi prima dello smassamento operato durante le operazioni di spegnimento: tre video girati dai vigili del fuoco sono stati acquisiti dalla Procura per ricostruire la scena originaria. 
 

I campioni
I periti hanno prelevato campioni di cavi elettrici, mattonelle, pezzi di linoleum e legno del pavimento per “leggere” la dinamica del rogo attraverso i segni della combustione, ma anche per isolare eventuali tracce di sostanze acceleranti. Sotto la lente d’ingrandimento finirà anche la sezione di una porta - quella del capanno in cui d’estate dormiva il titolare, Paolo Bonetti - che era già stata sequestrata dai carabinieri del Norm, presenti con il comandante Vittorio Tommaso De Lisa, e del Nucleo investigativo, coordinati dal comandante provinciale Cristian Carrozza: è rimasta integra nella parte inferiore e sarebbe stata lasciata aperta la sera prima del disastro, forse per una semplice dimenticanza. E’ l’unico reperto che presenta una stratificazione netta della combustione, fondamentale per risalire alla verità. «Escludiamo il dolo perché non ci sono elementi che lo provano e il mio assistito non ha mai ricevuto minacce o intimidazioni» spiega l’avvocato Riccardo Leonardi che, insieme alle colleghe Marica Peciccia e Maria Luisa Belvederesi, assiste la società di Bonetti e ha partecipato al sopralluogo con il consulente di parte, l’ingegner Michele Belloni. In effetti, durante la ricognizione sono emerse tracce di un sovraccarico che si sarebbe sviluppato non dal quadro elettrico nel capanno, vicino alla porta sequestrata, ma da una cabina sul retro, esterna alla struttura, che alimentava lo chalet con una potenza di 80 kilowatt ed era stata potenziata l’anno scorso durante la ristrutturazione. Per quanto l’intero impianto fosse nuovo, per gli investigatori non è da escludere che, dopo un lungo stop, possa essersi verificato un sovraccarico energetico che avrebbe scatenato l’inferno poco prima della mezzanotte del 30 maggio. 

I tempi
I segni di bruciatura, sulla rete di recinzione e su altri elementi, sarebbero infatti da evaporizzazione e non da fusione: quanto basta per ritenere che il problema elettrico sia stata la causa - non la conseguenza - del rogo. I consulenti della Procura hanno chiesto 60 (il carabiniere del Ris) e 90 giorni di tempo (l’esperto di incendi) per consegnare la loro relazione, ma il pm potrebbe dissequestrare in anticipo l’area, come spera Bonetti. «La prima urgenza è l’indagine, la seconda è riprendere una bozza di attività per salvare i posti di lavoro», sottolinea l’avvocato Leonardi. La rimozione dei resti potrebbe avvenire via mare. 
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