ANCONA - Botte e minacce alla moglie: condannato a due anni e due mesi di reclusione. È la sentenza emessa dal collegio penale nei confronti di un 60enne indiano accusato di maltrattamenti in famiglia. Le percosse e gli insulti sarebbero stati indirizzati anche ai figli della coppia. Il processo scaturisce dalla denuncia sporta dalla donna lo scorso settembre, dopo l’ennesimo alterco avvenuto tra le mura domestiche. Stando a quanto emerso nel corso del dibattimento, sarebbe stato il vizio dell’alcol dell’imputato a far degenerare la situazione tra le mura domestiche.
I testimoni
«Temevo per la mia vita e per quella dei miei figli - aveva detto la donna in udienza, riferendosi ai soprusi subiti dal marito -.
A chiamare il 112 prima che la situazione potesse degenerare era stata la figlia 20enne della coppia. «Noi avevamo paura» ha detto la ragazza al collegio. La lama era stata sequestrata e l’uomo denunciato. Pochi giorni dopo era scattata la misura del divieto di avvicinamento ai familiari. Il figlio minore, oggi 18enne, sarebbe intervenuto in più occasioni per difendere la madre: «Una volta l’ha presa per il collo e l’ha buttata contro la porta. Se la maltrattava? Sì» ha detto rispondendo alla domanda del giudice. Anche lui, in un frangente, aveva riportato dei graffi al collo. Nella vita matrimoniale ci sarebbero stati insulti e minacce: «Se eri al nostro Paese, eri già morta» avrebbe detto il 60enne operaio, difeso dall’avvocato Maria Alessandra Tatò.
Prima della discussione, l’uomo ha respinto le accuse davanti ai giudici, riferendo che dell’episodio del 18 settembre non ricorda nulla «perché avevo bevuto, sono stato portato all’ospedale per una ferita alla testa. Ma ancora oggi non so come me la sono procurata». Ha detto di «non aver mai picchiato mia moglie» e che in casa le discussioni potevano capire, ma come in qualsiasi altra famiglia. Dalla denuncia, sull’imputato pende il divieto di avvicinamento alla vittima, impartito dal gip dopo le indagini dei carabinieri.
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