Clochard, è un assedio senza fine: più li allontani, più tornano. Ora basta: ma qualcuno ci pensa?

Clochard, è un assedio senza fine: più li allontani, più tornano. Ora basta: ma qualcuno ci pensa?
Clochard, è un assedio senza fine: più li allontani, più tornano. Ora basta: ma qualcuno ci pensa?
di Stefano Rispoli
3 Minuti di Lettura
Giovedì 20 Ottobre 2022, 04:00 - Ultimo aggiornamento: 15:21

ANCONA  - Altro che fantasmi. Gli invisibili sono visibilissimi. Spuntano ovunque: in porto, sotto la cattedrale, al Passetto, nei parchi e nelle scuole abbandonate. Si spostano da una parte all’altra, come schegge impazzite. Inafferrabili, incontrollabili. Sfuggono ai radar delle forze dell’ordine, che hanno pochi strumenti per risolvere una volta per tutte il problema. Li allontani, ma poi tornano sempre al punto di partenza, come in un disperato gioco dell’oca, dove non si vince nulla quando si passa dal “via”, se non un giaciglio in cui dormire e un’altra notte all’addiaccio da mettere alle spalle.

 
I rimedi 
Dov’eravamo rimasti? All’ex stazione marittima. Qui, pochi mesi fa, l’Autorità portuale annunciava la “liberazione” dai clochard. Transenne, reti, lucchetti: il vecchio scalo, così come l’ex Fiera della Pesca, erano stati ingabbiati, di comune accordo con questura e prefettura, per tenere alla larga sbandati e disperati. Risultato: dopo un periodo di calma apparente, gli homeless sono tornati con tutto il loro carico di stracci, coperte e cartoni. Le panchine non ci sono più, sono state smontate per evitare che venissero trasformate in letti improvvisati. Ma chi non ha nulla al mondo si accontenta anche del duro e gelido ciottolato. Così l’ex stazione marittima, dismessa anni fa nonostante il parere contrario di centinaia di pendolari che se ne servivano ogni giorno per andare al lavoro, è divenuta nuovamente un albergo a zero stelle, con vista mare e San Ciriaco. 
Le risposte
E adesso che faranno le istituzioni di fronte alle immagini dei bivacchi di una dozzina di richiedenti asilo? Sono quasi tutti conosciuti e schedati.

Ci sono nomi e cognomi. Arrivano dal Pakistan, dalla Siria e da altri Paesi devastati da povertà, guerre e carestia. Eppure per loro non si trova una sistemazione. Mancano gli alloggi e si calcola che attualmente i tempi della burocrazia anconetana impongano almeno 4 mesi di attesa per chi tenta di chiedere asilo politico o protezione internazionale. Centoventi giorni (come minimo) da passare sulla strada, come denunciano l’Ambasciata dei diritti e le associazioni di volontariato che si prendono cura dei senzatetto. E allora, non c’è da stupirsi di questa odissea dei migranti, che vagano da una parte all’altra della città in cerca di un rifugio.

La mappa della disperazione ha alcuni punti caldi, non solo nell’area portuale. Le arcate del Guasco, ai piedi della cattedrale di San Ciriaco, sono da sempre covi per nullatenenti. Da queste parti, nei giorni scorsi, una clochard è stata soccorsa dal 118 per un malore ed è finita all’ospedale. Al Pincio i segni dei bivacchi stridono con la buona volontà dei volontari, impegnati a restituire decoro al parco. La scuola Antognini, in via di ristrutturazione, è diventata un caso: gli homeless di recente avevano preso possesso del cantiere, con tanto di torce notturne e panni stesi ad asciugare al sole. Anche la pineta del Passetto si è tramutata in un ostello del degrado. E clamorosa era stata, qualche mese fa, l’invasione di immigrati africani in via Curtatone: dormivano all’ombra di un porticato, sotto le finestre dei residenti. Una vera piaga sociale. Qualcuno ha intenzione di intervenire? 

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