«Dai i soldi o ti ammazzano». La banda metteva in vendita sul web supercar a prezzi low cost e clonava gli assegni dei clienti

Il palazzo di giustizia di Ancona
Il palazzo di giustizia di Ancona
di Federica Serfilippi
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Sabato 23 Gennaio 2021, 06:05

ANCONA - Mettevano in vendita sul web supercar a prezzi low cost, si facevano mandare dai compratori le foto degli assegni per la successiva vendita, poi li clonavano e li facevano incassare da intermediari, tra minacce ed estorsioni. È questo il modus operandi che la procura contesta a una holding criminale attiva sia in Veneto che nel capoluogo marchigiano.

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L’indagine, portata avanti sul campo dai carabinieri delle Brecce Bianche, aveva portato all’arresto di quattro persone nel marzo del 2018. 

Le indagini 
Due donne, una 34enne romena e una 41enne di Roma, erano state ammanettate in flagranza di reato per sequestro di persona a scopo estorsivo dopo aver “preso in ostaggio” una studentessa anconetana di 30 anni sul cui conto era finito l’incasso di un assegno clonato del valore di 26mila euro, i soldi che un imprenditore veneto avrebbe dovuto sborsare per comprare una Bmw X4. La studentessa, del tutto ignara della truffa sul web, avrebbe dovuto fare da tramite tra il compratore e la gang, mettendo a disposizione le sue coordinate bancarie per poi trasferire –dice la procura – la somma incassata in maniera fraudolenta.

Nel corso dell’udienza preliminare tenutasi davanti al gup Francesca De Palma, la 30enne si è costituita parte civile con l’avvocato Germana Riso.

Sono dieci gli imputati, a cui a vario titolo vengono contestati i reati di truffa, falso, estorsione e sequestro di persona. Due hanno voluto procedere con l’abbreviato: per una 28enne di Chiaravalle che ha una posizione marginale all’interno dell’inchiesta, il pm Rosario Lioniello ha chiesto l’assoluzione. La difesa è rappresentata dall’avvocato Marianna Fioretti. Undici anni e otto mesi di reclusione, invece, per un 30enne rom domiciliato a Pordenone e ritenuto una delle menti del gruppo di truffatori. È difeso dal legale Andrea Natalini. La sentenza è attesa il 15 febbraio, quando verrà anche stabilito se gli altri otto indagati finiranno a giudizio.

Era stata la studentessa sequestrata dalle due donne a far scoprire ai militari il meccanismo delle auto (per la procura non esistenti) messe in vendita, degli assegni clonati e il ruolo inconsapevole degli intermediari. Stando a quanto emerso, la studentessa aveva accettato di incassare l’assegno per fare un favore alla 41enne romana. Le minacce e il sequestro contestato sarebbero scattati nel momento in cui la banda aveva necessità di appropriarsi dei soldi. In questo caso, 26mila euro. 

Le  minacce 
«Se quei soldi non arrivano dove devono arrivare, loro ti trovano, sanno dove cercarti», «quelli là ti ammazzano, non so le l’hai capito, sanno dove abiti, conoscono tua madre» le era stato detto dalla coppia di donne, in combutta per l’accusa di sequestro con altre tre persone. E ancora: «I soldi li devi restituire adesso. Meglio fare le cose prima di avere paura». Il giorno dell’arresto sarebbe stata accompagnata alle Poste centrali per ritirare la somma. Ma la sua carta era stata bloccata dai carabinieri. A quel punto, la coppia aveva riportato la vittima a casa. Ad aspettare le truffatrici c’erano gli investigatori dell’Arma.

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