ANCONA - Sarebbe andato ben oltre al suo compito di docente, guadagnando passo dopo passo la fiducia di un’alunna di 7 anni per passare con lei dei momenti proibiti. È con l’accusa di violenza sessuale su minore che è stato rinviato a giudizio un maestro jesino di 30 anni, travolto nel settembre del 2020 dall’inchiesta portata avanti dalla Squadra Mobile di Ancona e iniziata dopo la denuncia sporta in questura dai genitori della bimba.
Genitori che, nell’udienza preliminare di ieri davanti al gup Francesca De Palma, si sono costituti parte civile, chiedendo un risarcimento danni di 800mila euro. A presentare il conto è stato l’avvocato Giorgio Canali, rappresentante dei familiari della piccina.
Per l’imputato, ieri presente in aula e difeso dal legale Stefano Migliorelli, il processo al collegio penale si aprirà il 14 ottobre. È da un anno che il docente è sospeso dal servizio: lui stesso aveva comunicato al Ministero dell’Istruzione, dopo l’esplosione dell’indagine, la volontà di autosospendersi.
Non semplici abbracci, dice la procura, ma atti sessuali nei confronti della piccola alunna avvenuti in un momento in cui lei e il maestro si erano ritrovati lontani dal resto della classe. Le dichiarazioni della vittima, successivamente, sono state cristallizzate nell’ambito di un incidente probatorio. Ciò consentirà alla bimba di non rivivere nel corso del dibattimento il trauma denunciato: basteranno le parole dette in aula in forma protetta. All’inizio dell’indagine, all’imputato era stata sequestrata un’agenda, poi aveva consegnato spontaneamente altri scritti, tra quadernoni e diari. Pagine a cui, nel tempo, avrebbe affidato i suoi pensieri, raccontando gli attimi trascorsi con i bambini, citando i nomi di quelli incontrati durante la giornata.
Da quegli scritti, però, non sono emerse prove per imputare al docente altri episodi scabrosi. Piuttosto è venuta fuori la sua personalità, caratterizzata da tratti infantili e dall’assenza di relazioni con i suoi coetanei. Il 30enne ha iniziato un percorso di sostegno con degli specialisti per trattare i disagi interiori, per cui – un tempo – era stato anche seguito. «Non abbiamo scelto riti alternativi – ha detto il difensore Migliorelli – perché vogliamo affrontare la questione a 360 gradi».