Tangenti in Comune, cinque arresti. Anche quattro assessori tra i 30 indagati

Tra gli appalti inquinati anche quello per il restyling ai Laghetti del Passetto
Tra gli appalti inquinati anche quello per il restyling ai Laghetti del Passetto
di Lorenzo Sconocchini
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Venerdì 8 Novembre 2019, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 10:14

ANCONA - Quando chiedeva agli imprenditori un altro caffè, intendendo con ciò la contropartita per i suoi favori illeciti, il geometra del Comune Simone Bonci non immaginava di essere spiato dalle micrcamere piazzate dalla Squadra Mobile nel suo ufficio in Comune, da dove secondo la ricostruzione della Procura gestiva maneggi capaci di avvantaggiare negli appalti un cartello di imprese amiche, compresa quella incaricata di riqualificare con un appalto da 750mila euro l’area dei Laghetti del Passetto. 

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E nemmeno pensava di poter scatenare, quattro mesi dopo quel mercimonio filmato dai detective, un terremoto politico. Provocato da un’inchiesta che oltre al suo arresto e a quello di quattro imprenditori messi ai domiciliari vede tra i 30 indagati una ventina tra funzionari e tecnici del Comune, ben quattro assessori comunali - su tutti Paolo Manarini dei Lavori Pubblici, poi in una posizione molto più defilata il vicesindaco Pierpaolo Sediari, Paolo Marasca e Stefano Foresi - e tiene sulle spine lo stesso sindaco, per i possibili contraccolpi politici e d’immagine della vicenda giudiziaria. Il primo cittadino Valeria Mancinelli, del tutto estranea all’inchiesta su presunte tangenti, si vede costretta a gestire una vicenda di corruzione a Palazzo del popolo per presunti favoritismi negli appalti o addirittura lavori fantasma (Ghost Jobs è il nome dell’operazione) proprio all’indomani della presentazione al ridotto delle Muse del suo libro “I principi del buongoverno”. 

 

Con una concomitanza del tutto casuale (pare che il blitz in realtà dovesse scattare mercoledì mattina, ma all’ultimo non si trovava uno degli imprenditori da arrestare) ieri di buon mattino i poliziotti della Squadra Mobile diretta dal dottor Carlo Pinto si sono presentati a Palazzo del popolo insieme ad alcuni investigatori della sezione di Pg della Polizia municipale, per eseguire l’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Sonia Piermartini a carico del geometra Simone Bonci, anconetano di 46 anni, in servizio alla Direzione Manutenzioni, Frana e Protezione Civile del Comune. E’ finito a Montacuto con le accuse di concorso in corruzione aggravata, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico finalizzato, alle erogazioni pubbliche, abuso d’ufficio truffa ai danni dello Stato e turbativa d’asta. La taskforce della questura ha anche perquisito gli uffici dell’assessore ai Lavori Pubblici Paolo Manarini e di nove tra funzionari, ingegneri, architetti e tecnici che avrebbero avuto un qualche ruolo nella filiera delle autorizzazioni e dei controlli nei lavori pubblici che sarebbero stati inquinati, secondo l’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Valentina D’Agostino e dal sostituto Ruggiero Dicuonzo, dall’accordo corruttivo tra il geometra e alcuni imprenditori in affari con il Comune. 

Quattro di loro sono ora agli arresti domiciliari per concorso in corruzione con il geometra Bonci. Si tratta del geometra Carlo Palumbi, titolare della Procaccia & C. di Teramo; Marco Duca, dell’omonima impresa di Cupramontana; Tarcisio Molini, della Mafalda Costruzioni di Cingoli; e di Francesco Tittarelli, titolare di un’impresa edile a Montesicuro ad Ancona. Sarebbe questo il cerchio magico di imprese edili che ruotava intorno al geometra Bonci, il quale in cambio di costosi regali, gadget hi-tech tipo telecamerine o droni, lavori edili in casa, e almeno in un caso vere proprie dazioni di denaro (gli è stato sequestrato di un conto corrente, ipotizzando indebite percezioni di beni e denaro per circa 30mila euro) li avrebbe favoriti in diverse maniere. Sia facendo in modo che partecipassero più spesso del dovuto agli incarichi su chiamata diretta, possibili per i lavori sotto i 40mila euro, in violazione principio rotazione scelte imprese. Sia favorendo il recupero dei sostanziosi ribassi (tra il 20% e il 25%) con cui le imprese amiche, almeno secondo la ricostruzione della Procura, si aggiudicavano gli appalti spiazzando la concorrenza a costo di rischiare in partenza di non rientrare nemmeno delle spese. 

Tanto poi quei margini di guadagno li avrebbero recuperati - è l’ipotesi investigativa - grazie proprio ai buoni uffici di Bonci. O attraverso le varianti concesse alle ditte appaltatrici in per lavori imprevisti o più onerosi, come avvenuto nel caso dei Laghetti, dove la Procaccia & C. aveva offerto un ribasso del 25%, scendendo da 750mila euro a 418mila euro, ma poi aveva recuperato margini con due varianti che concedevano più tempo e aumentavano i compensi. Oppure usando un sistema di lavori compensativi, basato su incarichi fast con i buoni pagamento da 5mila euro l’uno, sempre su chiamata diretta, soprattutto nella manutenzione dei cimiteri.

Chi controllava? Possibile che un semplice geometra-istruttore, per quanto in una posizione chiave alla Direzione Lavori, abbia potuto inquinare appalti anche di importo rilevante? La Procura, ipotizzando una gestione disinvolta delle verifiche e delle autorizzazioni da parte dei superiori, ha deciso di indagare - non per corruzione, ma a vario titolo per i reati di abuso d’ufficio, falso in atto pubblico finalizzato alle erogazioni pubbliche, truffa ai danni dello Stato e turbativa d’asta - tutta la filiera della Direzione Manutenzioni, Frana e Protezione civile, con 9 tra funzionari e tecnici perquisiti, arrivando fino all’assessore Manarini.

Oltre al filone principale, che riguarda gli appalti passati sul tavolo del geometra e coinvolge 15 persone, ci sono altri 15 indagati iscritti per il “lato B” dell’inchiesta.

Soprattutto grazie alle intercettazioni telefoniche, i detective della Mobile sono venuti conoscenza di possibili altre scorrettezze nella gestione di denaro pubblico, procedure non perfettamente a norma, ancora tutte da verificare. Per questo, come atto dovuto, sono stati iscritti come indagati anche altri dipendenti comunali e tre assessori: Foresi e Marasca per un’ipotesi di omissione di atti d’ufficio, Sediari per una presunta turbativa d’asta.

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