La suora con la passione dei tatuaggi
«Se è peccato, mi confesso dal vescovo»

La suora con la passione dei tatuaggi «Se è peccato, mi confesso dal vescovo»
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Venerdì 12 Ottobre 2018, 03:55 - Ultimo aggiornamento: 19:21
ANCONA - In due anni si è fatta incidere cinque tatuaggi. Simboli sacri, croci e angeli in bianco e nero, per nulla vistosi, legati alla sua missione di fede. Perché un’incisione fatta sulla pelle non le impedisce di continuare ad abbracciare il voto rivolto verso Dio e la chiesa. È la convinzione maturata da una suora diventata cliente fissa di Corrado Cingolani, titolare dello studio Pmp my skin tattoo e piercing situato lungo corso Garibaldi. 

È stato il tatuatore anconetano, peraltro anticlericale convinto, ad aver impresso per la prima volta l’inchiostro sulla pelle di una sorella speciale, “convertitasi” a una delle più antiche arti espressive, peraltro già utilizzata dai cristiani dell’antica Roma per rimarcare la loro identità spirituale. Per la suora, circa 40 anni, è arrivato il primo simbolo religioso impresso sul corpo un paio di anni fa. Poi, ci sono state a catena altre incisioni, tutte (tranne una) legate al mondo religioso. 

 

«Si è sempre presentata in abiti civili – ricorda Cingolani – e la prima volta non avevo la minima idea che in realtà potesse portare il velo. Parlando, poi, mi ha confidato che era una suora. La prima reazione? Mi è un po’ venuto da ridere. Non me l’aspettavano proprio, non mi era mai capitato prima di tatuare una suora e, inoltre, io non vado molto d’accorso con la chiesa». La conoscenza tra cliente e tatuatore si è fatta via via sempre più approfondita. «Con lei parliamo di tutto, non è una persona bigotta e chiusa, per questo siamo entrati in confidenza. Credo che i tatuaggi le siano sempre piaciuti e che forse si sia aperta a questa forma espressiva dopo un particolare input. Oggi, i tatuaggi sono sempre di più diventati una moda, per lei credo invece che abbiano rappresentato un’esigenza». I tatuaggi che ricalcano simboli sacri, come l’effige della Madonna, la croce o il volto di Gesù, sono ormai all’ordine del giorno. 

I camionisti prediligono Padre Pio, santo da loro venerato. «La cosa assurda è che l’80% dei clienti che li richiedono non sono legati alla religione, ma si vogliono solo far incidere per moda. Ad esempio, la croce non la considero neanche più un simbolo di fede, perché se la tatua chiunque. Oltretutto è minimal, quando si vuol fare le cose per seguire la massa non si esagera mai con il disegno». Anche i tattoo sacri della suora sono piccolini, discreti, eseguiti in parti del corpo non visibili al primo impatto. 

Una volta, al pensiero che magari qualcuno potesse storcere il naso di fronte alla scelta della sorella, lei ha confidato: «E allora, andrò dal vescovo per confessarmi». L’ironia, così come l’anticonformismo, le appartengono sicuramente. Anche perché un tatuaggio non può precludere la fede e l’amore che si prova verso ciò che si è deciso di sposare. Anzi, forse i tattoo rappresentano un modo per suggellare questo legame così profondo. «È giusto – sostiene Cingolani - che la chiesa si apra a una forma creativa come il tatuaggio. Del resto, è un modo espressivo che non fa male a nessuno». 
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