ANCONA - Quanto vale il brivido di una giocata alle slot? Per alcuni, anche più degli affetti, della casa o della stessa vita. È la ludopatia, la malattia di chi non riesce a fare a meno di giocare d’azzardo: ieri si è celebrata la Giornata nazionale per elevare l’attenzione su un fenomeno difficile anche da quantificare perché appena l’1% dei giocatori patologici chiede aiuto e finisce nel radar dei Sert.
Le statistiche
Il Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’Ast di Ancona, nel 2021 (i dati del 2022 sono in fase di elaborazione) ne ha assistiti 188, ma i pazienti salgono a 232 se, oltre al gambling, si considerano i dipendenti dalle nuove tecnologie e dai social network, piaghe crescenti.
«La dipendenza femminile è storicamente connotata da vergogna, stigma e onta di fallimento» dice Vanessa Bernardini, psicoterapeuta del Dipartimento. Poi c’è l’avvento di Internet. «L’online ha moltiplicato le occasioni di gioco, che ora possono essere quando vuoi» racconta Carlo Ciccioli, psichiatra, consigliere regionale e già responsabile del Dipartimento Dipendenze Patologiche di Ancona fino al 2020. Invece della vecchia sala slot, ora il teatro della perdizione è ovunque, dalla camera da letto alla scrivania dell’ufficio. Con conseguenze gravi, a partire dalle maggiori difficoltà per amici e parenti che volessero intercettare il problema di un proprio caro. A far specie, poi, sono le storie che raccontano i clinici.
«Ricordo una donna che andava in Autogrill a comprare pacchi di “gratta e vinci” per non farsi vedere e sperando di avere più chance di vincita. Alla fine si è venduta parte di una casa» dice Ciccioli. Poi c’è chi sfoga nel gioco i propri malesseri psicologici. «Ricordo una donna di 70 anni che stava vivendo una separazione e aveva come valvola di sfogo un gioco online - è la testimonianza della dottoressa Bernardini -. Poi c’è chi si è giocato intere eredità». Tante storie, alcune tragiche, «come l’omicidio di un’anziana di Chiaravalle, uccisa da un vicino per 400 euro da giocare» rammenta Ciccioli.
Il coraggio
Ammalarsi è facile, farsi curare meno. Molto può fare chi sta vicino al malato. «La prima cosa è parlare, aiutarlo a capire che da soli è difficile uscirne e c’è bisogno di una cura multidisciplinare» spiega Giordano Giacconi, psicologo del Dipartimento. Ciò che conta è avere il coraggio di chiedere aiuto, capire che la vita vale più di un giro di slot e che la dipendenza può e deve essere sconfitta. «Il percorso può richiedere anni ma già l’aumentata consapevolezza di avere un problema può portare ad un rapido miglioramento della qualità di vita» continua Giacconi. Iniziare a scommettere su se stessi è difficile ma la vincita, quella sì, sarà gratificante.
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