Sei settimane in Dad, si alza la voce dei presidi: «Ma è vera scuola soltanto in presenza»

Sei settimane in Dad, si alza la voce dei presidi: «Ma è vera scuola soltanto in presenza»
Sei settimane in Dad, si alza la voce dei presidi: «Ma è vera scuola soltanto in presenza»
di Michele Rocchetti
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Martedì 12 Gennaio 2021, 05:15

ANCONA -  Invece di non funziona più, come ha asserito il ministro Azzolina, sarebbe stato meglio dire che la didattica a distanza ha fatto il suo tempo. In quanto l’espressione sembra suggerire che qualcosa si sia inceppato, mentre semplicemente non si può più andare vanti così. E questo i dirigenti degli istituti superiori di Ancona lo sostengono da tempo.

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«Cosa avremmo fatto durante il lockdown senza Dad? – si chiede la dirigente del Podesti Calzecchi Onesti, Laura Castellana -.

Ci saremmo persi. Inoltre la Dad ha anche portato dei vantaggi. Ci ha insegnato a sviluppare nuove competenze organizzative e professionali. Ci ha reso coscienti che di fronte a certe situazioni occorre essere flessibili e sapersi adattare utilizzando strumenti alternativi. I quali però non possono essere sostitutivi della scuola in presenza». 


Secondo la dirigente del liceo scientifico Galilei, Annarita Durantini, la Dad è paragonabile a un ruotino di scorta, che può sostituire momentaneamente la gomma bucata, ma non per molto: «Le lezioni in presenza offrono sollecitazioni, emozioni, possibilità di comprensione delle difficoltà di altro livello rispetto alla Dad. E tutto questo si riverbera sulla qualità dell’apprendimento». Secondo Durantini esiste un peccato originale che ha portato a percepire la realtà in maniera distorta: «Il mondo della scuola si è dato talmente tanto da fare per far funzionare la Dad che poi in molti si sono convinti che se funzionava quella funzionava tutto. Invece il problema è che la Dad non riesce a garantire lo stesso livello di qualità didattica delle lezioni in presenza».

Per il dirigente del liceo artistico Mannucci, Francesco Maria Orsolini, se durante il lockdown la Dad era l’unica maniera per gli studenti di mantenere un contatto con la scuola, ora il mancato ritorno in aula rischia di diventare lesivo di un diritto fondamentale come quello all’istruzione: «È comprensibile che a seconda del rischio epidemiologico si decidano determinate restrizioni - spiega -. Quello che si fa fatica a capire è perché pur essendo in zona gialla qui le scuole debbano rimanere chiuse». Per il dirigente del Vanvitelli Stracca Angelini, Francesco Savore, la soluzione ideale sarebbe il rientro in classe a febbraio al 50%: «In questo modo coniugheremmo il bisogno dei ragazzi di recuperare la socialità e un processo di apprendimento più efficacie con quello delle scuola di non veder di nuovo stravolta la propria organizzazione e quello più generale di evitare situazioni che possano favorire il contagio».

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