ANCONA - Pendolari del sesso che arrivano anche da fuori provincia per infilarsi discretamente in una casa squillo senza correre il pericolo di incrociare un conoscente o peggio ancora un parente. Locatari di appartamenti che non si fanno scrupolo di sub-affittare un modesto alloggio a delle ragazze, intuendo il loro vero mestiere di prostitute, chiedendo 1.500 euro al mese. E una escort che, pur di difendere l’anonimato dei suoi clienti, cerca di ingoiare il telefonino usato per prendere gli appuntamenti. Propone personaggi e interpreti del genere la fenomenologia del sesso a pagamento ad Ancona svelata dalle ultime due operazioni della Squadra Mobile dorica contro lo sfruttamento e del favoreggiamento della prostituzione.
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Nell’ultimo periodo i detective guidati dal vicequestore Carlo Pinto hanno scoperto diverse case squillo fingendosi clienti: prendono appuntamento in uno dei tanti siti di inserzioni hard e quando sono dentro, una volta chiarite le intenzioni delle ragazze che si offrono, mostrano il tesserino. Era capitato a metà dicembre in un’abitazione al civico 57 di via delle Grazie, all’interno di una palazzina condominiale. I poliziotti avevano notato un viavai troppo sostenuto per un normale appartamento, così son andati a controllare scoprendo che all’interno si prostituivano due giovani sudamericane, trovate seminude, che si offrivano anche in coppia chiedendo extra fino a 140 euro. Scoperta la casa squillo, gli investigatori della Mobile hanno cercato di capire se il locatario (un cittadino bengalese, B. F. le sue iniziali) avesse sub-affittato l’alloggio alle sudamericane ben sapendo a cosa gli servisse, magari lucrandoci sopra. Ebbene, dalle testimonianze delle ragazze risulta che pagassero 200 euro a testa a settimana, per un incasso mensile del bengalese intorno a 1.500 euro, di gran lunga superiore ai valori di mercato per un normale appartamento costruito negli anni ‘60, che alle Grazie si affittano in genere a 4-500 euro.
L’immediato intervento dei poliziotti, tra cui un’agente donna, ha impedito alla romena di ingoiare il telefonino rischiando di soffocare. È stata denunciata per resistenza a pubblico ufficiale e ha preferito lasciare Ancona. Il suo micro-cellulare è stato sequestrato e aiuterà la Mobile a ricostruire il giro d’affari della squillo e risalire ai suoi eventuali sfruttatori. La clientela, sie per le venezuelane che per la ragazza dell’Est, era formata da rappresentati di commercio, artigiani, qualche dipendente pubblico, e arrivava soprattutto da fuori città: centri dell’hinterland anconetano e anche dell’entroterra, ma pure comuni del litorale maceratese. «Anconetani? Quasi nessuno - spiega un investigatore - chi entra in una casa squillo ha paura di incontrare per le scale qualcuno che conosce e preferisce allontanarsi da casa».
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