«Ho sbagliato, non mi do pace per le vittime. Voglio chiedere perdono alle loro famiglie»

«Ho sbagliato, non mi do pace per le vittime. Voglio chiedere perdono alle loro famiglie»
«Ho sbagliato, non mi do pace per le vittime. Voglio chiedere perdono alle loro famiglie»
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Giovedì 9 Gennaio 2020, 02:55 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 14:20

ANCONA - «Non mi do pace per quello che è successo. So di aver sbagliato per essermi messo alla guida quando non avrei dovuto, ma dovevo percorrere solo cinque chilometri per arrivare a casa e mi sentivo bene, forte anche delle mia esperienza in strada come autotrasportatore. Ora, desidero solo poter incontrare i familiari delle due vittime per chiedere perdono». Tra le lacrime e il dolore, sono state queste le parole pronunciate davanti al gip Sonia Piermartini da Massimo Renelli, il 47enne senigalliese arrestato all’alba dell’Epifania con l’accusa di aver travolto e ucciso sull’Arceviese Elisa Rondina e Sonia Farris, due amiche che avevano trascorso la serata al Megà

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Il ricordo della tragedia sull’Arceviese è stato raccontato da Renelli, risultato positivo alcoltest con un tasso superiore quattro volte rispetto al limite consentito, nel corso dell’udienza di convalida che si è tenuta in tribunale, al quinto piano. È durata poco più di un’ora. Dopo una breve riserva, il giudice ha convalidato l’arresto e disposto per il 47enne il regime degli arresti domiciliari. Li sconterà a Senigallia, a casa della madre. 

Anche il titolare dell’inchiesta aperta per omicidio stradale plurimo aggravato dalla guida in stato di ebbrezza, il pm Ruggiero Dicuonzo, aveva chiesto la stessa misura cautelare stabilita dal gip. Fino all’udienza, Renelli è rimasto nelle celle di sicurezza della questura di Ancona. Ieri mattina, si è presentato a Palazzo di Giustizia poco prima delle 10, scortato da due agenti della Polizia Stradale. In aula, è entrato assieme ai suo difensori, gli avvocati Tommaso Rossi e Marusca Rossetti. Tra singhiozzi e lacrime, il camionista ha provato a raccontare i momenti che hanno preceduto e fatto seguito all’episodio per cui sono scattate le manette.

Stando a quanto emerso, Renelli – incensurato – si era recato al Megà su invito dell’ex compagna. All’interno del locale, dove c’erano pure le due vittime, ha bevuto alcuni drink. Verso le 4, ha raggiunto il parcheggio della discoteca ed è salito sulla sua Fiat Punto per marciare in direzione Bettolelle. «Mi sentivo bene, dovevo guidare pochi chilometri per tornare a casa. Ricordo che la strada era buia e che a un certo punto sono stato disturbato da un’auto che aveva gli abbaglianti accesi e che procedeva nella direzione contraria alla mia. Appena li ha abbassati, ho sentito di aver urtato qualcosa. Speravo potesse essere un animale». Invece, erano i corpi della 34enne Sonia e della 43enne Elisa che, stando ai riscontri della procura, avevano appena finito di attraversare la strada per raggiungere la loro auto.

«Mi sono fermato – ha detto Renelli – appena ho incontrato il primo spiazzo disponibile. Poi, ho chiamato aiuto». Una telefonata al 113 e una all’ex compagna, in uscita dal Megà. Quando ha capito che erano morte due persone, un abisso si è aperto dentro il 47enne. «Sono distrutto dal dolore e pentitissimo per quello che ho fatto. Sono consapevole della portata dell’accaduto. Vorrei incontrare le famiglie delle vittime». Questa mattina all’obitorio di Torrette, le autopsie sui corpi delle due donne. 

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