Dad a oltranza, i presidi presi in contropiede: "Era meglio rientrare, eravamo pronti alle lezioni in presenza"

Le scuole resteranno vuote: Dad fino al 31 gennaio
Le scuole resteranno vuote: Dad fino al 31 gennaio
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Martedì 5 Gennaio 2021, 09:10

ANCONA - «Per il bene dei ragazzi sarebbe stato meglio che il 7 gennaio le scuole avessero riaperto. Noi eravamo pronti». L’ordinanza verrà emanata oggi, però, di fatto, la Regione ha già deciso di seguire l’esempio di Veneto e Friuli, che rimanderanno il ritorno sui banchi degli studenti delle superiori al 31 gennaio. E questo ai presidi di Ancona non va giù. Perché se è vero che l’ipotesi di un rientro in classe al 75% dopo il 15 gennaio, con doppi turni di entrata e uscita per evitare l’affollamento dei mezzi di trasporto, non piaceva a nessuno, tutti sono concordi nel dire che è ora scossa che gli studenti tornino a frequentare quello che è il loro ambiente naturale.


Senza contare poi l’immane lavoro, che così rischia di rivelarsi inutile, portato avanti dagli istituti scolastici per farsi trovare preparati all’appuntamento. «Quella della Regione è una decisione grave – afferma la dirigente del Galilei Anna Rita Durantini – perché i ragazzi hanno bisogno di rientrare a scuola. In fin dei conti si sarebbe trattato di un rientro al 50%, che non avrebbe nemmeno creato problemi al sistema dei trasporti. Per altro non capisco questo discorso del tutti dobbiamo fare dei sacrifici apparso nel post dell’assessore Carloni. La scuola di sacrifici ne ha già fatti tanti». Di questo è convinta anche Alessandra Rucci, preside del Savoia Benincasa: «Credo che la scuola sia già stata tanto, troppo sacrificata. Vedo ogni giorno la sofferenza dei ragazzi privati della possibilità di interagire con compagni e insegnanti. Per questo contavo sulla riapertura». Se ci fossero dei comprovati motivi di salute pubblica per non farlo, sostiene la dirigente, lei sarebbe la prima ad alzare le mani, ma se la ragione è di altro genere la decisione la lascerebbe molto amareggiata. «L’unica motivazione valida per prolungare l’utilizzo a tempo pieno della didattica a distanza è il rischio sanitario provato da dati di carattere scientifico e dichiarato dall’autorità sanitaria nazionale. A quel punto mi piegherei alla decisione. Ma considerazioni di altro tipo, come possono essere quelle sul commercio, mi lasciano molto perplessa. Se la politica non riconosce l’importanza e il valore della scuola in questo momento siamo davvero alla frutta». Per altro non è piaciuto affatto il tempismo, visto che già da tempo si sapeva che in classe si sarebbe dovuti tornare il 7 gennaio. «Che questa idea sia venuta fuori tre giorni prima dell’inizio della scuola mi disturba profondamente – dichiara Rucci -, perché abbiamo dovuto fare un lavoro immane per risistemare l’orario. Eravamo anche pronti per i doppi turni. Non quelli con entrate alle 8 e alle 10 e 30, perché comportano la gestione del pranzo in classe, che è cosa molto diversa per tempi ed esigenze di igienizzazione dalla ricreazione, la quale per altro, quando è possibile, abbiamo sempre fatto svolgere all’aperto. Ma se gli orari di ingresso fossero stati alle 8 e alle 9 non ci sarebbero stati problemi. Così, però, rischia di essere vanificato tutto».
Secondo Laura Castellana, dirigente del Podesti Calzecchi Onesti, quella di rimandare il rientro in classe degli studenti degli istituti superiori è una decisione irrispettosa del lavoro che le scuole hanno dovuto svolgere: «Non si può decidere il 5 cosa fare il 7. E dopo che prima ci è stato chiesto di organizzarci per una ripartenza al 75% e poi al 50%. Per altro si tratta di una forzatura rispetto a quello che è stato deciso a livello nazionale. Se da parte del Ministero c’è la volontà di ripartire in presenza perché i dati dicono che si può fare, sebbene con entrate contingentate, perché opporsi? L’obiettivo di tutte le scuole è ritornare in presenza, anche fosse con percentuali ridotte». 
Questo lo sostiene anche Francesco Savore, preside del Vanvitelli Stracca Angelini, che però legge l’intenzione della Regione in maniera diversa: «Noi siamo per le lezioni in presenza, perché gli alunni tramite la didattica a distanza non apprendono certo con la medesima efficacia.

Però bisogna mettere sul piatto della bilancia quali sono le condizioni per rientrare in aula. Se le condizioni sono un affluenza al 75%, con doppi turni che privano i ragazzi del riposo e dello studio pomeridiano e obbligano noi a gestire il momento del pranzo con enormi complicazioni dal punto di vista organizzativo, allora la decisione della Regione potrebbe andare incontro ai dubbi espressi in questo senso dalla quasi totalità dei dirigenti».

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