Il padre vuole il rispetto del Ramadan per il figlio 13enne, la madre no. Il giudice stoppa il digiuno: «Decide lei»

Il padre vuole il rispetto del Ramadan per il figlio 13enne, la madre no: il giudice stoppa il digiuno
Il padre vuole il rispetto del Ramadan per il figlio 13enne, la madre no: il giudice stoppa il digiuno
di Federica Serfilippi
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Giovedì 21 Aprile 2022, 03:55 - Ultimo aggiornamento: 16:43

ANCONA  - Il padre impone al figlio 13enne il Ramadan, la madre è contraria al digiuno: la spaccatura familiare finisce nell’aula del tribunale. La decisione del giudice dopo il ricorso presentato dalla donna: il potere di decidere l’eventuale interruzione del precetto islamico è solamente nelle mani della mamma dell’adolescente. Tradotto: il figlio può stoppare il digiuno, iniziato per i musulmani il 2 aprile e in vigore fino al 2 maggio, nel caso la prescrizione religiosa possa pregiudicare il suo benessere psicofisico, il normale percorso di crescita e l’andamento scolastico. 

La decisione

Il provvedimento è stato emesso nei giorni scorsi dal giudice civile Alessandro Di Tano, chiamato a decidere l’istanza presentata con urgenza dalla madre del 13enne, frequentante una scuola di Ancona e prossimo all’esame di terza media. Al momento della decisione del tribunale, il minore di fede islamica aveva già iniziato il digiuno. È il figlio di una coppia separata, con padre musulmano e madre professante un’altra religione. L’affidamento è condiviso. La ricorrente, per il giudizio, si è affidata agli avvocati Andrea Nobili e Bernardo Becci, i quali hanno puntato il focus dell’istanza soprattutto sugli effetti negativi che potrebbe portare il Ramadan, come uno squilibrio del benessere psicofisico di uno studente nel pieno dell’adolescenza. Il precetto, infatti, impone il divieto di alimentarsi e dissetarsi dall’alba al tramonto. Una condizione che, stando all’istanza, potrebbe comportare «un grave pregiudizio alla propria salute» e «un calo del rendimento scolastico», dovuto all’assenza di un’equilibrata e corretta alimentazione durante il giorno.

Del resto, nei giorni di digiuno già affrontati, il 13enne avrebbe mostrato in varie occasioni «debolezza fisica». Inoltre, il Ramadan sarebbe stato imposto dal padre, un uomo «che si cura poco dei figli» e da alcuni mesi trasferitosi all’estero. Per i legali della ricorrente, «il criterio fondamentale cui il giudice deve attenersi, in caso di conflitto genitoriale, è quello del superiore interesse dalla prole, stante il preminente diritto del minore a una crescita sana ed equilibrata». 

Il provvedimento

Il giudice ha ritenuto che «l’osservanza prolungata del digiuno per tutto il periodo residuo del Ramadan (laddove non effettivamente condivisa dal minore – diretto interessato) possa esporre quest’ultimo ad un serio rischio per la propria incolumità e per il proprio rendimento scolastico (tanto più se si considera che quest’anno dovrà affrontare l’esame di terza media». 
È stata presa anche in considerazione dal giudice il parere dell’Associazione degli Imam e delle Guide religiose in Italia, secondo cui «il digiuno non è obbligatorio per i bambini e per gli adolescenti che non siano nell’età dell’obbligo della pratica religiosa (quest’ultima coincidente con l’età dello sviluppo». Nonostante l’accoglimento dell’istanza presentata dalla mamma del 13enne, servirà comunque un’altra udienza per sentire il parere del minore per la conferma, revoca o modifica del provvedimento preso dal giudice civile. 
 

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