Il dottor Luchetti del reparto Cov-4: «Pronti al peggio, il virus è molto contagioso e colpisce sempre più giovani»

Il dottor Luchetti del reparto Cov-4: «Pronti al peggio, il virus è molto contagioso e colpisce sempre più giovani»
di Stefano Rispoli
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Venerdì 13 Novembre 2020, 02:55

ANCONA Torrette respira, ma resta in trincea. L’apertura dei Covid hospital ha permesso di incrementare il numero dei pazienti dimessi, ma quelli ricoverati resta alto, vicino a quota 100. Sono 95 per l’esattezza (dato aggiornato alle 12 di ieri) di cui 19 in terapia intensiva, 21 in subintensiva, 19 nel padiglione delle Malattie infettive e 16 nel Cov-4, il reparto speciale dedicato ai malati di Coronavirus, allestito al sesto piano dell’ospedale regionale, diretto dal dottor Michele Maria Luchetti con il coordinamento del dottor Gian Piero Perna e della dottoressa Cinzia Borgognoni. 

 
L’organizzazione
«La situazione è gestibile grazie all’organizzazione e all’esperienza maturata nella prima fase dell’epidemia, ma l’allerta è massima e ci prepariamo al peggio» ammette il dottor Luchetti, ricercatore e dirigente medico di Medicina interna. «Il mio reparto ha 24 posti letto a disposizione e già il fatto che ce ne siano 8 liberi è un segnale importante: significa che riusciamo a dimettere pazienti e accoglierne altri, mantenendo il numero pressoché invariato. Chiaramente al Pronto soccorso la situazione è più critica perché si vive la parte d’urto dell’emergenza. Ma siamo ripartiti in tempi rapidi, con un’organizzazione molto efficiente, in grado di distribuire i pazienti nei vari reparti a seconda della loro gravità». 


La guerra infinita
Insomma, in confronto all’emergenza nazionale, a Torrette tutto sommato si respira, ma senza farsi illusioni: la curva dei contagi continua ad aumentare, la guerra contro il Covid è in pieno svolgimento. E siamo solo all’inizio, teme il dottor Luchetti. «E’ come se ci trovassimo a gennaio scorso, quando il virus era appena arrivato, almeno questa è l’impressione - spiega -. Tutto dipende da cosa accadrà sul territorio: i medici di base parlano di una percentuale di contagi superiore rispetto a marzo-aprile: potremmo dire di essere un’isola felice, se non fosse per l’esperienza vissuta in passato che ci ha portato ad allestire in pochi giorni il Cov-4, un reparto già rodato, Covid oriented ma di medicina a 360 gradi perché non ci occupiamo solo del virus».

A Torrette nessuno pensa che il peggio sia alle spalle, anzi. «La curva dei contagi potrebbe salire lentamente per mesi, sapendo che il grosso delle epidemie influenzali si verifica tra gennaio e febbraio. Dunque ci prepariamo a combattere almeno fino a marzo. Ma mentre in primavera si trattava di una guerra all’arma bianca, stavolta stiamo in trincea, ma con un’organizzazione nettamente superiore». 


L’impatto 
Meno incisivo è stato l’impatto sull’attività ordinaria, altro segnale fondamentale. «Ad aprile l’ospedale fu chiuso al pubblico, mentre in questo momento il resto dell’attività si sta muovendo, sia pure in modo rallentato, dalla chirurgia alla diagnostica - spiega Luchetti -. Tuttavia, l’intero comparto ambulatoriale è stato mantenuto, riuscendo a garantire un servizio al pubblico, nei limiti del possibile». 


L’età media si abbassa
Ma chi sono i pazienti ricoverati al Cov-4? «Non solo anziani, anzi: l’età media si sta abbassando - fa presente il responsabile del reparto speciale -. Assistiamo tanti giovani, anche se in condizioni non gravi, positivi al Coronavirus ma con altre problematiche che curiamo come internisti. Anche per questo il tasso di mortalità è inferiore rispetto alla prima ondata. All’apparenza, però, il virus sembra più contagioso di quanto viene riportato. Sicuramente più di una qualunque epidemia influenzale». Cosa significa? «Che ci sono famiglie intere contagiate, dunque è bene privilegiare la vita all’economia. Non mi permetto di dire se sia bene chiudere tutto o no. Da medico, ritengo che si possa tentare di mantenere l’assetto attuale nella nostra regione, ma nel momento in cui dovesse esserci un’esplosione dei contagi, come temiamo, e l’ospedale rischiasse il collasso, certe scelte sarebbero inevitabili». 

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