ANCONA - «Ci hanno puntato le pistole in faccia, ci hanno preso a calci e a schiaffi. Ripetevano: “Non muovetevi o vi facciamo male”. È stato terribile, ho pensato al peggio». Il giorno dopo riavvolgere il nastro dei ricordi e ripercorrere l’incubo della rapina subita è anche più doloroso dell’esperienza vissuta e delle ferite - non gravi per fortuna - riportate nel pestaggio choc. Erano in tre, venerdì sera, alla Dialer System: il titolare Carlo Dignani e due dipendenti, tra cui una ragazza di vent’anni circa. «Avevamo fatto un po’ tardi, ci stavamo preparando per uscire, quando i banditi sono entrati con la forza».
Erano le 20,25. Il commando ha sfoderato le pistole. «Ce le hanno puntate in faccia - racconta l’imprenditore ascolano -. Ci hanno buttati con la faccia a terra e immobilizzati. Per intimorirci ci hanno preso a schiaffi e cazzotti. Non abbiamo lesioni evidenti, ma i colpi li abbiamo sentiti. Stamattina (ieri, ndr) il mio dipendente è andato all’ospedale perché aveva ricevuto un calcio in faccia». Nei confronti della ragazza, invece, non hanno alzato le mani. «Era sotto choc, l’hanno bloccata a terra, ma almeno non le hanno fatto del male». I tre, mani dietro la schiena, sono stati legati con delle fascette. «A me ne hanno messe tre, una sopra l’altra: erano strettissime - ricorda Dignani -. Infatti li imploravo di togliermele perché non sentivo più le dita».
L’assalto è durato pochi minuti, ma sembravano ore, come se il tempo si fosse fermato. «Pregavamo perché non ci facessero niente, ma non avevamo nemmeno il coraggio di parlare perché come fiatavamo, ci urlavano di stare zitti e non muoverci. Non ci hanno imbavagliato, ma erano pronti a farlo perché abbiamo trovato del nastro adesivo incollato alla porta. Nessuno di noi ha urlato. Avevamo troppa paura. E poi ci minacciavano continuamente e ci controllavano a vista: non potevamo reagire in alcun modo, ma è stato un bene, altrimenti chissà cosa sarebbe successo».
Le sequenze del terrore scorrono negli occhi dell’imprenditore, come un brivido infinito nella mente.
Nell’orecchio ronza ancora la voce gelida e determinata di uno dei banditi. «Era sicuramente italiano, aveva un accento del sud, forse campano - ricorda Dignani -. Probabilmente era il capo. Gli altri secondo me erano stranieri. Direttamente ne abbiamo visti tre, con il volto travisato. Ma sentivamo dei rumori provenire dal magazzino, erano altri loro complici che caricavano la merce». L’inventario non è stato ancora fatto, ma si parla di centinaia di Iphone, cellulari di ultima generazione, tablet e smartwatch rubati. Si stima un furto da qualche centinaia di migliaia di euro. Come siano scappati è ancora da chiarire. «Hanno sradicato tutte le nostre telecamere e i server, se li sono portati via». Si spera nelle immagini del Gross, al vaglio degli inquirenti. «Per me se ne sono andati a piedi anche perché dopo le 20,30 i cancelli sono chiusi e sarebbero dovuti passare dalla portineria - ipotizza l’imprenditore rapinato -. Accanto a noi, lato Statale, c’è una zona piuttosto oscura: forse hanno scavalcato le recinzioni, qualcuno li stava aspettando».