ANCONA - Emergenza Covid: i Pronto soccorso della provincia scoppiano, non si sa più dove collocare i pazienti. Ieri a mezzogiorno all’ospedale di Jesi ce n’erano 13 in attesa di visita, 4 a Senigallia. Anche a Torrette la situazione è critica. Lo è da giorni, ma nel weekend si è registrata l’ennesima impennata che ha rischiato di mandare in tilt il sistema. Il quadro ieri non è migliorato, anzi.
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Per due volte il Pronto soccorso ha dovuto allertare la centrale operativa del 118 per segnalare il tutto esaurito: non c’erano più spazi per accogliere e scaricare pazienti, a causa del congestionamento generale.
Anche al Pronto soccorso si è corso ai ripari. L’area Covid è stata allargata ulteriormente, acquisendo uno spazio a pressione negativa che era dedicato all’arrivo delle ambulanze: in questa zona adiacente ai box in cui si svolgeva il pre-triage sono state collocate tre barelle con alcuni posti a sedere. D’altronde, è un’emergenza senza fine, lo dicono i numeri. I pazienti Covid assistiti nel punto di primo soccorso nel giro di 24 ore sono saliti da 14 a 26. Per medici e infermieri domenica è stata una giornata di super lavoro a Torrette, con l’arrivo di 15 persone infettate dal virus. Altre 12 ne sono state trasportate ieri. «La situazione è veramente dura» ammette la dottoressa Susanna Contucci, responsabile dell’Obi. «Si tratta di pazienti che arrivano quasi tutti da casa, che sono stati trattati ottimamente dalle squadre Usca e dai medici di famiglia, ma che purtroppo si sono aggravati e, dunque, richiedono l’ospedalizzazione».
Pesa la carenza di personale, anche se l’Azienda ospedaliera ha dato fondo a tutte le disponibilità, dopo aver incrementato il numero di infermieri e aver aggiunto un medico di notte (da due a tre) per la gestione dell’area Covid, senza dimenticare che da mesi gli infermieri stessi hanno le ferie bloccate ed eseguono turni aggiuntivi a gettone. Non resta che sperare in una frenata dei contagi, confidando che il ritorno in zona arancione produca effetti. «Ma li vedremo soltanto tra due settimane - sospira la dottoressa Contucci -, per ora dobbiamo stringere i denti, lavorare e riporre speranze nelle vaccinazioni».