Il prof. Donati: «I letti non bastano mai ma qui in Rianimazione cureremo sempre tutti»

Torrette, emergenza senza fine
Torrette, emergenza senza fine
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Venerdì 27 Marzo 2020, 06:37

ANCONA  - La Clinica di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale regionale di Torrette è satura, ma sta predisponendo altri posti letto ed è in arrivo un ospedale da campo a Torrette, gestito da medici cinesi, mentre sono sfumati i cento posti di terapia intensiva al Palaindoor. 

Professor Abele Donati, direttore della Clinica di Anestesia e Rianimazione, come affrontate questa emergenza?
«Il reparto è completamente cambiato. Sono state organizzate una stanza grande con dieci posti letto e altre due con quatto posti (totale 18), messe a pressione negativa, con le zone filtro per la sicurezza degli operatori. Sono 18 posti letto tutti dedicati al Covid-19». 

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Quanti di terapia intensiva?
«Nella rianimazione 18. Poi ci sono altri 22 posti nel blocco operatorio, tutti per pazienti Covid positivi. Circa 40 sono le persone intubate. Poi ci sono altre due rianimazioni, una per i pazienti cardiochirurgici e una per pazienti con malattie diverse dal Covid-19».

Quante persone sono state estubate?
«Cinque pazienti, di età tra i 50 e i 60 anni, trasferiti in altri reparti».

 


Il tipo di paziente sta cambiando? Arrivano anche i giovani?
«No, l’età più o meno è sempre la stessa, con un minimo di 45 anni, mentre la media è tra i 55 e i 60 anni».

Qual è la media tra nuovi pazienti che arrivano in rianimazione e quelli trasferiti negli altri reparti?
«Negli ultimi dieci giorni, per ogni paziente trasferito negli altri reparti, ne sono arrivati due in rianimazione».
Se arrivassero altri pazienti gravi, c’è la possibilità di intubarli? «Sì, stiamo predisponendo altri posti letto all’interno del blocco operatorio». 

Le Marche hanno un indice di saturazione delle rianimazioni molto elevato. È un dato, dovuto all’emergenza o un problema strutturale?
«Sicuramente l’emergenza incide, ma c’è anche una sotto dotazione perché spesso ci sono problemi generali di ricoveri. Anche se in questi ultimi anni gli ospedali si sono dati da fare per di velocizzare i percorsi all’interno della rianimazione, c’è da migliorare qualcosa: servirebbero più posti in rianimazione, ma soprattutto posti di sub-intensiva gestiti da anestesisti rianimatori».

Si stanno scegliendo i pazienti da curare, lasciando i soggetti più deboli al proprio destino?
«No, qui curiamo tutti. Non ci siamo mai trovati nella situazione di dover scegliere». 

Quali sono le misure per i pazienti più gravi? 
«Nei casi di insufficienza respiratoria più grave, quando non si riesce più ad ossigenare il paziente con la ventilazione meccanica tradizionale, ricorriamo all’ossigenazione extra corporea Ecmo. Al momento abbiamo quattro pazienti, provenienti da tutta la regione, supportati in questo modo, ossigenando in maniera artificiale il sangue. Attualmente credo che l’ospedale di Torrette sia l’unico nelle Marche ad utilizzare l’Ecmo. È una metodica nuova per la regione, perché ad esempio nel 2009, quando c’è stata la pandemia influenzale, i pazienti sono dovuti andare fuori dalle Marche perché non eravamo in grado di trattarli».

Ci sono stati medici e infermieri infettati? 
«Un medico nel mio reparto. Noi abbiamo cercato sin da subito di adottare misure protettive per gli operatori, però cosa succederà da qui ad un mese non lo so». 

Avete dovuto spostare personale?
«Gli infermieri erano insufficienti e ne sono arrivati da altri reparti. Per sopperire alle carenze dei medici, sono stati assunti gli specializzandi. Non siamo ai livelli critici di Bergamo o Cremona, ma la clinica di rianimazione è sotto pressione e il personale sanitario sta facendo un grande sforzo. Le macchine Ecmo normalmente richiedono un rapporto infermiere-paziente 1 a 1, e i perfusionisti che vengono a controllare le macchine. Ora averne quattro contemporaneamente da gestire richiede un grande impegno. I medici e gli infermieri sono molto bravi e stanno gestendo una situazione di alta criticità». 

Quando ne usciremo? La situazione sta un po’ migliorando?
«Ancora no, siamo nel pieno dell’emergenza, ma fra dieci giorni la situazione potrebbe migliorare».

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