Truffa dei pannelli fotovoltaici: l'imprenditrice-hacker deve risarcire Schiavoni

Ancona, truffa dei pannelli fotovoltaici: l'imprenditrice-hacker deve risarcire Schiavoni
Ancona, truffa dei pannelli fotovoltaici: l'imprenditrice-hacker deve risarcire Schiavoni
di Federica Serfilippi
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Sabato 3 Ottobre 2020, 09:22

ANCONA - Mail intercettate e bonifici dirottati per cercare di intascare più di 400mila euro: condannata a un anno e sei mesi di reclusione, pena sospesa, un’imprenditrice belga finita sul banco degli imputati con l’accusa di truffa aggravata.

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Vittima, Claudio Schiavoni, presidente di Confindustria Marche e all’epoca dei fatti (nel 2013) ad di Photon Energy, azienda specializzata nel settore fotovoltaico e delle energie rinnovabili, al centro della truffa online trattata dal tribunale. Schiavoni, assistito dall’avvocato Giacomo Curzi, era parte civile al processo.
 
Nei suoi confronti, il giudice ha stabilito un risarcimento del valore di 90mila euro, più della totalità dei soldi risucchiati dal raggiro coordinato – secondo la procura – dalla cittadina belga, formalmente residente in Inghilterra. Lei era difesa dall’avvocato Pietro Sgarbi. La trama della vicenda di cui si è occupato il giudice Alberto Pallucchini è complessa. È iniziata quando la Photon aveva deciso di acquistare pannelli fotovoltaici – destinati a un cliente – per circa 400mila euro. Per ottenerli, la ditta di Schiavoni si era rivolta a una società cinese con cui aveva già stretto affari in precedenza. Le trattative avevano preso corpo sul web, con scambio di mail. Stando alla ricostruzione della procura, le conversazioni tra le due ditte a un certo punto erano state intercettate da un hacker. Senza saperlo, la Photon, quindi, aveva iniziato a trattare con un impostore, fintosi il referente dell’azienda cinese. La messinscena sarebbe proseguita nella fase di indicazione dell’Iban dove poter pagare la fornitura di pannelli. Ovviamente, anziché le coordinate dall’impresa cinese, l’hacker aveva inoltrato quelle di un altro conto corrente, legato a un’azienda con sede legale a Cipro e riconducibile – stando alle indagini - all’imprenditrice belga. Era stata la segretaria della Photon ad accorgersi dell’inghippo dopo aver chiamato i cinesi che non avevano ricevuto ancora nulla. Due bonifici (uno del valore di 250mila euro e l’altro di 85mila) erano stati bloccati in tempo. Una transazione da 80mila euro era andata a buon fine. A risalire alle operazioni finanziarie e alla destinazione finale dei soldi versati era stata un’unità speciale cipriota, specializzata nelle operazioni di riciclaggio internazionale. 

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