Corda al collo della compagna: quattro anni e cinque mesi per il cuoco-bodyguard arrestato in Slovenia

Corda al collo della compagna: quattro anni e cinque mesi per il cuoco-bodyguard arrestato in Slovenia
Corda al collo della compagna: quattro anni e cinque mesi per il cuoco-bodyguard arrestato in Slovenia
di Federica Serfilippi
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Venerdì 25 Marzo 2022, 05:50

ANCONA - Corda stretta attorno al collo dell’ex compagna: quattro anni e cinque mesi di reclusione inflitti a Mirco Bracaccini, cuoco anconetano di 60 anni arrestato nel maggio 2019 dalla Squadra Mobile in Slovenia per un mandato di cattura internazionale inerente a una misura cautelare in carcere scattata per maltrattamenti, reato per cui è poi diventata definitiva una pena di tre anni e mezzo. Ieri, si è chiuso il procedimento che lo vedeva imputato davanti al collegio penale per tentato omicidio.

Il risarcimento

L’accusa iniziale, riferibile a un episodio avvenuto nel luglio del 2018: l’aver tentato di strangolare con una fune l’ex compagna 45enne, la stessa vittima che lo aveva denunciato per maltrattamenti. Come chiesto dal pm Paolo Gubinelli, i giudici hanno derubricato il reato in lesioni gravi. Non ci sarebbe stata, dunque, la volontà dell’imputato – attualmente relegato in carcere - di uccidere la donna. Quest’ultima, parte civile con l’avvocato Alessandro Calogiuri, otterrà un risarcimento del valore di 25mila euro. «Pur non condividendo la derubricazione, dal momento che c’erano tutti gli elementi per supportare la contestazione, la mia assistita è comunque soddisfatta per una sentenza che fa giustizia in relazione ai fatti da lei subiti» ha fatto sapere il legale al termine dell’udienza. 
Le motivazioni si potranno leggere tra 90 giorni. In precedenza, Bracaccini – conosciuto soprattutto per i i trascorsi da bodyguard e imprenditore dell’intrattenimento notturno – è stato condannato per stalking a un anno di reclusione. Vittima degli atti persecutori, la 45enne parte civile sia nel procedimento terminato ieri che in quello per maltrattamenti. Per quanto riguarda l’episodio della corda, è avvenuto in auto, mentre la coppia si trovava a Sirolo. Stando all’accusa, all’apice dell’ennesimo litigio, l’imputato (difeso nel processo dall’avvocato Paolo Ludovico) aveva stretto attorno al collo della donna una fune. Lei aveva messo fine alla violenza conficcandogli prima un ago sulla coscia, poi stordendolo con un pugno. Aveva anche lasciato l’audio del cellulare aperto, facendo rimanere in ascolto un poliziotto, conoscente della vittima. 
«Nego di averle messo una corda al collo per strangolarla.

Non faccio sanguinare le persone, non lascio segni: se avessi voluto farle del male, avrei fatto altro» aveva detto lui in udienza, sdoganando le contestazioni. E ancora: «Dopo Sirolo, siamo tornati a casa, normalmente. La mattina siamo andati a fare il mercato al Piano e poi a Torre di Palme». Ieri, il 60enne era presente in aula, scortato dalla Polizia Penitenziaria. Presente anche la parte civile.

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