ANCONA - L’appropriazione di fondi pubblici, l’accesso ai database ministeriali per scopi privati e una truffa consumata per spennare un imprenditore alle prese con beghe giudiziarie.
Sono queste le accuse che hanno portato alla condanna del maresciallo Giovanni Barca, ex comandante della stazione dei carabinieri delle Brecce Bianche e poi agente dei servizi d’intelligence.
Rito abbreviato
Il gup Francesca De Palma gli ha inflitto una pena di 3 anni e 10 mesi di reclusione on rito abbreviato e sconto della pena di un terzo.
Informazioni private
Stando all’accusa, invece avrebbe trattenuto una parte delle risorse a sua disposizione. Sempre secondo la procura avrebbe acceduto in maniera illecita ai database delle forze dell’ordine per avere informazioni private e non attenenti al lavoro. La magistratura ha ipotizzato che Barca abbia cercato notizie per conoscere eventuali vittime a cui avvicinarsi con lo stesso metodo utilizzato per il caso Catalano. Il giudice ha riconosciuto una sola truffa: un imprenditore avrebbe pagato poche migliaia di euro per avere l’appoggio del maresciallo. Secondo la difesa (avvocati Gianni Marasca e Alessandro Paci) «i fondi non erano nella disponibilità di Barca ma della struttura operativa nel suo complesso». Il legali chiederanno «un ulteriore approfondimento istruttorio che non ha trovato nessun ingresso in questo procedimento, nonostante esplicite richieste. Gli accessi alla banca dati riguardavano notizie sui collaboratori e rientravano nella sfera di attività di Barca». Per il patteggiamento all’Aquila, i difensori hanno chiesto la revoca della sentenza dato che nel frattempo il reato di millantato credito è stato abrogato.