«Arbitro, non torni a casa» e giù botte. Dieci condannati tra calciatori e dirigenti

«Arbitro, non torni a casa» e giù notte. Dieci condannati tra calciatori e dirigenti
«Arbitro, non torni a casa» e giù notte. Dieci condannati tra calciatori e dirigenti
di Federica Serfilippi
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Mercoledì 1 Dicembre 2021, 04:35 - Ultimo aggiornamento: 2 Dicembre, 08:57

ANCONA - La bagarre era scoppiata in campo dopo la convalida del pareggio segnato dalla squadra avversaria. Era il 20° del secondo tempo della partita di Prima Categoria tra il Colle 2006 e la Leonessa Montoro, disputata il 26 novembre del 2016 allo stadio Sorrentino di Collemarino. Appena validata la rete dell’1-1, stando alla ricostruzione della Procura, l’arbitro era stato aggredito non solo dai giocatori della squadra di casa, ma anche dai dirigenti della stessa.

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A distanza di cinque anni dall’accaduto, per cui il direttore di gara era dovuto ricorrere alle cure del Pronto soccorso, è arrivata la sentenza del Tribunale: 10 condanne per lesioni e violenza privata. 

I provvedimenti 

Un anno di reclusione è stato inflitto a Giancarlo Mancini, all’epoca dei fatti presidente del Colle, 10 mesi al centrocampista Giuseppe Spina.

Otto mesi all’accompagnatore Alberto Tomassoni e ad altri sette giocatori: Massimiliano Mancini, Michele e Lorenzo Boria, Massimo Di Rocco, Ciro D’Errico, Marco Frezzotti e Matteo Di Martino. La pena è stata sospesa per tutti: lo sarà per Giancarlo Mancini solo dopo aver risarcito l’arbitro. Il giudice ha rimandato la quantificazione in sede civile, ma intanto – in solido tra loro – gli imputati dovranno versare una provvisionale di 15 mila euro. Il fischietto, Eriseld Nazeraj della sezione di Fermo, era parte civile con l’avvocato Jacopo Saccomani. Per le lesioni riportate, aveva subito la perforazione del timpano ed ecchimosi varie per una prognosi di dieci giorni. Prima della sentenza penale, era arrivata la decisione del giudice sportivo, con le squalifiche (comprese tra i due e i tre anni) dai campi di gioco per i protagonisti della bagarre. 

La ricostruzione 

Gli attimi concitati dalla partita sono stati raccontati in udienza dalla vittima. Tutto era iniziato poco prima della metà del secondo tempo, dopo la convalida del pareggio della Leonessa. Un gol contestato. Sarebbe stato un giocatore il primo a scagliarsi contro il direttore di gara: «Ha spinto la testa contro di me, mi sono tagliato il labbro» aveva detto in aula l’arbitro, ricordando di essere stato anche colpito nella mischia, nel frattempo esplosa in campo, all’orecchio, sul volto e a un fianco. «Da qua non esci, devi chiamare i tuoi genitori per venire via» gli sarebbe stato detto. E ancora: «Devi tornare in Albania». La situazione sarebbe peggiorata con la decisione dell’arbitro di sospendere la partita. Decisione che, stando all’accusa, avrebbe portato i giocatori a colpire il fischietto, impedendogli di abbandonare il terreno di gioco. Alla fine, come raccontato, dopo svariati giri di campo era riuscito a raggiungere gli spogliatoi e a chiamare i carabinieri. «Per le lesioni sono stato male un mese» aveva detto al giudice Carlo Cimini. Il calciatore Lorenzo Boria è stato assolto da un altro episodio: la Procura gli contestava la violenza privata per aver impedito a un giocatore della Leonessa di lasciare il campo. «Il fatto non sussiste», la sentenza del giudice. Gli imputati erano difesi dai legali Andrea Natalini e Vittoria Sassi. 

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