Il cartello della resa quasi con tono di scuse: «Gentili clienti, siamo costretti ad aumentare i prezzi»

Il cartello della resa quasi con tono di scuse: «Gentili clienti, siamo costretti ad aumentare i prezzi»
Il cartello della resa quasi con tono di scuse: «Gentili clienti, siamo costretti ad aumentare i prezzi»
di Claudio Comirato
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Mercoledì 9 Marzo 2022, 02:20 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 08:49

ANCONA - Un cartello affisso in vetrina: «Siamo costretti ad aumentare i prezzi». Il tono è quasi di scuse nei confronti dei clienti. E’ il primo che si vede in città, ed è comparso all’ingresso della pinseria Cikymaya in via Russi. Fa uno strano effetto, perché restituisce l’ufficialità di una situazione di crisi allarmante. Bollette alle stelle, materie prime introvabili e a costi esorbitanti.

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Il settore della panificazione e della trasformazione alimentare comincia a tremare. 

I rincari

All’inizio le imprese del settore alimentare hanno cercato di assorbire i costi dei rincari.

Poi c’è stata l’ulteriore impennata dei prezzi dell’energia e il conseguente aumento dei costi delle materie prime. A tutto questo si è aggiunta la guerra e la destabilizzazione dei mercati. Le attività produttive non ce l’hanno fatta più. Non si è potuto fare altro che ritoccare i listini dei prodotti al consumo. «Anche il prezzo dell’olio di semi di girasole è salito alle stelle - racconta Cinzia Raponi, che assieme al compagno Mattia Vinciguerra gestisce la pinseria Cikymaya - e non si trova quasi più». La difficoltà a reperire le materie prime si associa all’enorme problema del prezzo delle bollette. 

Il salasso

«Di luce e gas abbiamo pagato 400 euro in più del mese scorso - ribadisce l’esercente - alla fine abbiamo dovuto per forza aumentare i prezzi dei nostri prodotti». Una pinsa, ovvero la spianata romana, ha subito un aumento tra i 50 centesimi e i 2 euro a seconda del tipo di farcitura. E se prima da Cikymaya si poteva consumare senza pagare il coperto, adesso quella voce viene menzionata nel menù affiancata al prezzo di 1 euro. Difficile fare previsioni a lungo raggio, ma secondo gli operatori del settore lo scenario nel medio periodo potrebbe addirittura portare all’interruzione della circolazione di alcune materie prime. «I fornitori non fanno più magazzino - spiega Ennio Lombardi, titolare dell’omonimo panificio -, mi devo adeguare ad accumulare in anticipo ciò che mi serve». L’effetto che si ripercuoterà sul consumatore sarà un cambio netto delle abitudini di acquisto. «Non ci sarà più la scelta al minuto come prima» assicura Lombardi, che già nel suo punto vendita ha recentemente operato aumenti nel listino prezzi dell’8-10% in aggiunta al rialzo già introdotto ad inizio anno del 10-12%. L’altro nervo scoperto sono i tempi d’attesa delle consegne. «Come costo percepisco anche i ritardi - spiega Jacopo Corona, titolare del pastificio Frolla - se generalmente prima per una consegna i fornitori impiegavano dai 5 ai 7 giorni, adesso ce ne vogliono dai 20 ai 25». Per non parlare delle consegne dall’estero: «Avevamo un’azienda francese che ci consegnava vasetti di vetro per le nostre confezioni - continua Corona - prima ci impiegavano una settimana, adesso non meno di un mese e mezzo».

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