I piccoli negozi del centro cedono il passo al turismo: oltre 400 attività hanno abbassato la serranda

I piccoli negozi del centro cedono il passo al turismo oltre 400 attività hanno abbassato la serranda
I piccoli negozi del centro cedono il passo al turismo oltre 400 attività hanno abbassato la serranda
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Sabato 25 Gennaio 2020, 06:10

ANCONA  - Sempre meno negozi di vicinato, sempre più attività legate al turismo e alla ristorazione. Una lenta ma continua trasformazione che interessa in particolare il centro storico. L’evoluzione del commercio racchiusa in due dati: oltre 400 negozi chiusi, 81 attività aperte legate al turismo/ristorazione. La mappa degli ultimi dieci anni è stata presentata l’altra sera dai vertici Cna durante l’audizione delle associazioni di categoria in VII commissione comunali. 

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Una discussione incentrata sulla situazione che stanno vivendo i “negozi di vicinato”. «Troppe saracinesche abbassate, tornare a comperare nelle attività di quartiere» era stato l’appello lanciato da Marco Pierpaoli, segretario generale di Confartigianato. «Il cuore delle nostre città sta cambiando volto e i numeri delle imprese sono costantemente in calo. Sempre più spesso le aziende storiche con una intensa storia imprenditoriale alle spalle si arrendono». Input tradotto in numeri durante la riunione, quando la Cna ha anche avanzato alcune proposte.

L’analisi degli ultimi dieci anni, estrapolati dalla Camera di Commercio, si fermano al 2018, non essendo ancora disponibile il saldo 2019. Il comparto commercio nel 2009 poter contare su 3.042 imprese, scese a 2638 nel 2018. Un saldo negativo di 404 unità per un - 13%. «In tutti e 10 gli anni presi in considerazione - ha sottolineato la Cna - tutte le variazioni tendenziali annuali sono state negative. E la percentuale complessiva dei dieci anni è rilevante e incisivo». L’altra faccia dell’analisi è invece la «tendenza al rafforzamento delle imprese, in particolare del comparto del turismo. E nel capoluogo si sta assistendo al fenomeno di una sostituzione di imprese, con la mortalità accentuata del classico commercio accompagnata dalla maggiore natalità di imprese del turismo e della ristorazione». In questo settore infatti si è passati dalle 505 attività del 2009 alle 586 del 2018: 81 nuove realtà per un +16%. «Siamo quindi di fronte ad un vero e proprio mutamento - analizza la Cna - in parte anche alla sostituzione di uno stock di imprese che non riescono più a rispondere ai nuovi mercati che si affacciano su Ancona. Indubbiamente l’ascesa delle crociere, gli investimenti di Fincantieri, l’economia in generale legata al porto ha incrementato questo comparto. Ancora una volta, quindi, possiamo dire che Ancona è il suo porto».

Il fenomeno «riguarda in particolare il centro storico - avverte la Cna - mentre la periferia he a nostro giudizio deve invece cercare in tutti i modi di preservare quel nucleo imprenditoriale caratterizzato dai negozi di vicinato. Questo perché è evidente che il fenomeno di crescita del settore turistico non potrà svilupparsi nelle nostre periferie. Inoltre il commercio di vicinato, nei quartieri periferici, rappresenta anche un elemento di socialità e di modello di vita che va in parte preservato».

Da questi presupposti arrivano le proposte della Cna cittadina, sia per il centro che per la periferia. «E’ innegabile che i flussi turistici – commenta Andrea Cantori, segretario Cna di Ancona - nonostante il limitatissimo potere di acquisto, potenzia la domanda nei settori della somministrazione di alimenti e bevande e nel commercio alimentare, anche piccolo. E rappresenteranno sempre di più una possibile via di crescita della nostra economia. Per tale ragione occorre ancora di più ragionare su come rendere fruibile la città storica ai turisti (mezzi di trasporto), su come accogliere i turisti (guide), su che tipologia di beni e servizi occorre orientare l’offerta turistica (indagini conoscitive più approfondite)». 

Nell’ambito delle periferie invece la proposta della Cna è «di sostenere attraverso aiuti economici mirati, una tipologia di imprese localizzate in quartieri periferici specifici.

Naturalmente i criteri per individuare questi negozi sociali dovranno essere discussi e condivisi sia dalle forze politiche che sociali, ma riteniamo - aggiunge Cantori - che si debba partire dall’individuazione delle frazioni ritenute importanti per la città, dalla tipologia di negozio, dagli anni di permanenza della stessa attività che si candidata nel quartiere (legame con la comunità), dalla tipologia di clientela servita (famiglie, anziani, etc.). Naturalmente tali incentivi economici dovranno avere in contropartita anche alcuni servizi che il commerciante o l’artigiano dovrà mettere a disposizione». Un esempio? «L’apertura nel mese di agosto o la consegna a domicilio per alcune tipologie di clienti, come anziani e malati».

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