Paradosso all'ospedale di Torrette: adesso è più difficile dimettere i no-Covid

Paradosso all'ospedale di Torrette: adesso è più difficile dimettere i no-Covid
Paradosso all'ospedale di Torrette: adesso è più difficile dimettere i no-Covid
di Stefano Rispoli
3 Minuti di Lettura
Giovedì 26 Novembre 2020, 12:34

ANCONA -  Il paradosso, ora, è che è più difficile dimettere i pazienti non-Covid rispetto ai Covid. Incredibile ma vero. Perché? «Molte strutture del territorio sono state riconvertite per l’emergenza sanitaria, dunque sono subentrati degli ostacoli nella dimissione di pazienti non contagiati che hanno bisogno di cure intermedie o di terapie riabilitative - spiega il dottor Arturo Pasqualucci, direttore sanitario degli Ospedali Riuniti -. Ho avuto un incontro con gli altri direttori per valutare la possibilità di rendere più fluidi i percorsi in uscita, cercando una collaborazione più stretta con le strutture del territorio. Abbiamo anche inviato all’Asur un elenco di pazienti dimissibili: occorre accelerare le procedure».

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Sì perché a Torrette restano piene le terapie intensive e i ricoveri sono stabilmente sopra quota cento. Ieri erano risaliti a 102, di cui 19 in Rianimazione, 20 in subintensiva, 39 a Malattie infettive e 24 nel reparto Cov-4, al sesto piano dell’ospedale regionale. «Non dimentichiamoci che l’impatto dei pazienti non Covid è maggiore: compongono il 70% degli accessi al Pronto soccorso» rileva Pasqualucci. La Residenza Dorica, una delle strutture private riconvertite per l’emergenza, ieri ha cominciato ad accogliere i primi pazienti non gravi, dimessi però dall’Inrca perché al geriatrico, dove ieri è morta un’anziana di 88 anni contagiata dal virus ma già affetta da altre patologie, la situazione è anche più critica con 49 ricoverati positivi. 

Ora anche Torrette confida in un aiuto dal territorio per poter alleggerire la pressione, nella speranza di non dover ampliare ulteriormente gli spazi di terapia intensiva. Si vuole scongiurare la cosiddetta fase-3 che prevede l’attivazione del Cov-6 (la trasformazione di 10 posti di terapia intensiva nella Divisione di Rianimazione) con contestuale allestimento di altrettante postazioni equivalenti, ma Covid free, nello spazio delDay Surgery e l’avvio del Cov-3, che significa altri 18 posti di semintensiva, a gestione pneumologica, al quinto piano. Una doppia mossa che comporterebbe il rischio di una riduzione delle sedute operatorie di quasi il 50% e di 47 posti in vari reparti. 
Proprio per evitare questa extrema ratio, la direzione sanitaria sta valutando un’ipotesi alternativa.

 «Anziché aumentare l’offerta di posti letto nella nostra struttura, stiamo pensando di fornire un contributo maggiore in termini di anestesisti infermieri da mettere a disposizione del Covid Hospital di Civitanova», spiega il dottor Pasqualucci.

Ma c’è un doppio problema da affrontare. Primo: la ritrosia dei sindacati. Secondo: la carenza di personale. All’avviso dell’Asur, infatti, aveva risposto un solo anestesista volontario che si era candidato per dare man forte alla struttura di Civitanova, senza contare che Torrette ha già messo a disposizione del Covid Hospital 5 infermieri e 5 anestesisti, questi ultimi per 36 ore alla settimana. «Al momento, comunque, con le risorse messe in campo riusciamo a gestire la situazione che definire grave ma ancora sotto controllo: certo, viaggiamo sempre sul filo di un delicato equilibrio», ricorda il direttore sanitario degli Ospedali Riuniti. 

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