ANCONA - «Lascio un pezzo di cuore perché il Piano è casa mia. Ma non posso fare altrimenti: chiudo l’Osteria della Piazza». Dopo quasi 15 anni cala il sipario su uno dei ristoranti più iconici del Piano (e della città), nato nel 2008 dalla creatività dello chef Elis Marchetti e capace di attrarre una clientela d’élite. Lo chef anconetano continuerà a dedicarsi alla gestione del ristorante del Conero Golf Club di Sirolo (di cui è patron dal 2020), alle apparizioni televisive, all’attività di catering e al lavoro di consulenza.
Il motivo della chiusura del locale di piazza Ugo Bassi? «Troppi impegni - spiega lo chef - era diventata dura conciliare tutto e a me piace essere presente nei ristoranti che gestisco perché voglio vivere il cliente.
La decisione
È stata un scelta in prospettiva, ma difficile: «Non ho mai lavorato un giorno senza la gioia di andare in cucina, sono legatissimo al mio ristorante, il primo che ho aperto e gestito. È stata una grande avventura, nel corso della quale ho portato avanti tante iniziative all’interno di un locale dove sembrava impossibile metterle in atto». Con il tempo, l’Osteria (che poi ha preso il nome dello chef stesso,) è diventata un simbolo del Piano: «H creduto in questo quartiere - continua Marchetti - e il mio successo è nato proprio da qui. Il Piano è bello, variegato, multietnico e lo sarà sempre di più. Una delle sfide è stata soprattutto quella di far vedere che qui c’era tutto, si poteva trovare di tutto». Ed è nata l’eccellenza, con nomi altisonanti passati tra le mura del locale, tra cui l’imprenditore russo Roman Abramovič, l’attore Giancarlo Giannini («a fine serata ci mettemmo a guardare il tg come due amici e mi disse: “grazie perché mi hai fatto sentire a casa”)».
I ricordi
A gustare i piatti gourmet anche l’imprenditore giapponese delle fonti di energia Shintaro: «Guardò verso il soffitto e mi preoccupai: pensavo avesse visto un ragno o della polvere. Invece mi disse: “ma questo costare tantissimo, in Giappone non c’è”. Stava indicando una vecchia trave di legno ». Un altro ricordo, legata al passaggio di un imprenditore cileno, possessore di 200 chilometri di vigneto. «Assaggiò il Verdicchio di Jesi e rimase sorpreso, chiedendomi dove l’avessi trovato». In pratica, dietro l’angolo. Il ristorante cederà il passo a cittadini cinesi: non si sa ancora quale sarà la veste della nuova gestione.
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