Lo scempio dell'ex Umberto I, i bulli fanno i padroni tra alcol e droga: mostrano le parti intime a chi li rimprovera

Il punto in cui si ritrovano i bulli: sul tetto dell'ex Umberto I
Il punto in cui si ritrovano i bulli: sul tetto dell'ex Umberto I
di Stefano Rispoli
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Sabato 15 Maggio 2021, 06:35

ANCONA - Eccole le conseguenze del degrado. I bulli si arrampicano sul tetto dell’ex Umberto I in abbandono, si stordiscono con alcol e spinelli e a chi li riprende rispondono con parolacce, insulti e gesti non proprio nobili, mettendo in mostra le proprie parti intime, come a dire: «Fatevi i fatti vostri». Non c’è da stupirsi: d’altronde, da 13 anni si parla del recupero del vecchio ospedale civico.

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Mentre una parte, quella che dà su largo Cappelli, tra qualche mese finalmente dovrebbe vedere la luce, con la nascita dei due padiglioni Asur destinati ad ambulatori e residenze protette, tutto il resto del complesso, nascosto tra la vegetazione incolta, permane in uno stato di incuria totale. 
I bulli si sono impadroniti di questi edifici fantasma dove l’accesso è vietato anche per motivi di incolumità pubblica, visto lo stato in cui versano: da un momento all’altro rischia di venire giù tutto, dal momento che i lavori di riqualificazione sono rimasti a metà dopo il crac della Santarelli Costruzioni che avrebbe dovuto ricavare dagli ex ambulatori trecento appartamenti di lusso. Eppure c’è un folto gruppo di ragazzini, tra cui diversi minorenni che, in barba al pericolo, a cadenza quasi quotidiana s’intrufola nei meandri di quello che assomiglia al set di un film horror per ricercare un po’ di solitudine e sballarsi in santa pace, con uno sguardo dall’alto sulla città. «Siamo stati tutti giovani e ognuno di noi ha fatto delle stupidaggini, ma qui c’è un problema da non sottovalutare: se malauguratamente un ragazzino dovesse farsi male, chi paga?» si chiede un residente che ha la sfortuna di abitare proprio di fronte allo scempio dell’ex Umberto I. 
Domanda legittima perché il complesso è privato, ma la proprietà è fallita. «Non vorrei che si ripetesse quello che è successo ad Offagna», è il timore del testimone. Il riferimento è ad Amos Guzzini, il bimbo che nel 1997 morì a 7 anni dopo essere caduto con la sua bici in un cantiere: il Comune fu condannato a un risarcimento da oltre 2 milioni che significò il default. 
«Abbiamo chiamato più volte i vigili urbani, ma puntualmente ci rispondono che non possono farci niente proprio perché quell’area è privata e loro non possono entrarci».

Problemi a cascata in un loop che allarga le maglie della vergogna. Quella che non hanno i ragazzini terribili, arrivati l’altro giorno a mettere in mostra i “gioielli” di famiglia ad una signora che si era permessa di redarguirli. «Cosa ci fate lassù?», ha chiesto. Per tutta risposta, uno di loro le ha fatto vedere gli attributi, prendendosi gioco di lei. Il punto in cui i bulli hanno stabilito il loro ritrovo è il tetto dell’ex “repartino”, la vecchia clinica psichiatrica. Come arrivano fin lassù, è presto detto: a volte forzano un cancello in ferro che si trova poco prima dell’ingresso del parco del Cardeto, a cui si accede da via Panoramica. In altre occasioni passano da un varco in via Orsi oppure tagliano le reti di recinzione del parco stesso, che si trova proprio alle spalle del vecchio ospedale civico. Il Comune è intervenuto ripetutamente per tappare le falle con lucchetti e fil di ferro. Rimedi che non bastano a fermare le incursioni dei teppistelli e nemmeno quelle di tossici e abusivi che continuano ad entrare e uscire liberamente dalla ghost town dell’ex Umberto I. 

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