OSIMO «Per me era il principe azzurro, poi si è trasformato in un orco». Sognava una famiglia perfetta quando, dopo il liceo, si è fidanzata con quell’uomo più grande di lei, dal quale ha avuto una bambina. Ma ben presto la realtà ha squarciato tutti i suoi piani romantici. Le vessazioni, gli insulti, le botte. «Non potevo andare in giro se non accompagnata, mi impediva anche di usare i social: mi dava della vacca, della grassa e diceva che servivo solo a soddisfare i suoi bisogni sessuali».
L’incubo
Un incubo durato anche dopo la fine del rapporto, che lui non accettava: una sera l’ha massacrata di botte davanti a un altro uomo, per gelosia.
Ora rischia di tornarci: ieri in tribunale il collegio, presieduto da Carlo Cimini, su richiesta del pm Valentina D’Agostino, l’ha condannato a 4 anni e 8 mesi di detenzione per maltrattamenti in famiglia, lesioni aggravate e violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Aveva 22 anni la vittima quando decise di andare a convivere con l’uomo che si era immaginata un principe azzurro. Aveva anche accettato di fare da madre ai due figli che lui aveva avuto da un precedente matrimonio. Ma il sogno di una famiglia da Mulino Bianco si è spezzato nel giro di poco tempo per colpa della folle gelosia del compagno. «Non potevo fare niente, ero sempre controllata» ha raccontato la 28enne al giudice. «Non avevo autonomia: non potevo vedere nessuno se non i miei genitori». Il senso di possesso del 44enne, ex commerciante di auto e oggi titolare di un’impresa edile, sarebbe sfociato in un atteggiamento di compagno-padrone: insulti, minacce, botte anche quando la donna teneva la figlioletta di pochi mesi in braccio. Dopo mesi lei ha trovato la forza di lasciare il padre della sua bambina e tornarsene dai genitori. Sotto casa loro, la sera dell’8 giugno 2020, si toccò l’apice della violenza.
L’aggressione
Il 44enne, che non sopportava la fine della relazione, si scagliò contro la ex, vedendola in compagnia di un amico con cui era andata a prendere un gelato. Accostò accanto alla loro auto, insultò e sputò la giovane mamma. Poi la gragnuola di colpi. «Era bersagliata di pugni, la trattava come un sacco da boxe» ha ricordato in aula l’amico della vittima. A seguito di un cazzotto all’orecchio, la giovane riportò la perforazione del timpano. A salvarla fu il padre che, sceso di casa, mise in fuga l’aggressore. L’imputato, interrogato nelle scorse udienze, ha ribaltato le accuse.
«Era lei quella gelosa, è lei l’aguzzina», aveva detto, assistito dall’avvocato Stefano Mengucci. Ma i giudici non gli hanno creduto e hanno dato ragione alla vittima, che si è costituita parte civile tramite l’avvocato Alessio Stacchiotti. Ora il papà violento dovrà scontare quasi 5 anni di reclusione.
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