ANCONA - Il Natale appeso a un filo. La minaccia di nuove restrizioni mette in allarme tutto il compartimento del commercio. La botta più grossa è per i ristoratori: prenotazioni da annullare, caparre da restituire e materie prime a rischio deperimento. Gli imprenditori, in confusione, chiedono chiarimenti sul senso di incentivare a fare acquisti per poi chiudere tutto. Una manovra che per gli operatori equivale dire “sfogatevi ora con i regali, perché poi per dieci giorni si ferma tutto”.
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Un atteggiamento che i commercianti definiscono schizofrenico. In pratica: via alle campagne per incentivare lo shopping, si fa leva sui parcheggi gratuiti nei weekend e festivi. Cosa succede? Arriva la folla in centro (comprensibile) con annessi assembramenti e file alla porta dei negozi. «Cosa si aspettavano? - chiede Fabrizio Boari della Cremeria Rosa –. Le persone hanno fatto ciò che gli è stato consentito. Tanto più che abbiamo spinto per ravvivare il commercio per il periodo natalizio». Non fa una piega. Anche se le misure restrittive che si paventano sono di carattere nazionale, non locale. Ma è altrettanto vero che in tutto il Paese si sono verificate situazioni analoghe. Zona gialla per tutti uguale libera circolazione. «E’ un controsenso invitare a fare acquisti e intimare subito dopo il blocco – continua Boari – se l’obiettivo è fermare la circolazione del virus, allora che si prendano misure drastiche e basta. Una zona rossae sotto Natale vorrebbe dire penalizzare solo bar e ristoranti».
Dunque non c’è pace per i commercianti messi a dura prova ormai da mesi. Si era appena tornati a rifiatare e poi adesso la minaccia di una nuova stretta proprio nei giorni clou delle festività. I piccoli imprenditori vedono sfumare la possibilità di fare un po’ di cassa in vista di gennaio, quando arriverà la mazzata delle scadenze dei pagamenti. «Impossibile andare avanti così – dice Sonia Brunella della parrucchieria Amoa – si vive alla giornata. Rischio di perdere decine di appuntamenti, soprattutto da fuori Comune. È la volta buona che muore il piccolo artigianato». Una gestione dell’emergenza a singhiozzo, che gli esercenti interpretano come una mancanza di una visione a lungo raggio. «Fino all’ultimo non sappiamo quando entreranno in vigore le normative – continua Sonia – non possono condannarci in questo modo». Ma l’incognita più grande resta il dopo. Cosa succederà quando, inderogabilmente, arriverà il momento di fare i conti con gli effetti dell’emergenza? «È difficile ora immaginare quali saranno le conseguenze – spiega Giacomo Ragnetti, titolare dell’omonima boutique d’abbigliamento – il contraccolpo economico sarà pesante. Non voglio fasciarmi la testa prima di essere caduto, ma la preoccupazione c’è».
Sono ore febbrili anche per i ristoratori.