Olivi, il chiaravallese scampato al naufragio: «Non potevamo salvarli, ci si è spaccato il cuore. Non rivedrò più il mare»

Onorio Olivi, il tecnico di Chiaravalle che era a bordo del pontone AD3
Onorio Olivi, il tecnico di Chiaravalle che era a bordo del pontone AD3
di Gianluca Fenucci
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Sabato 21 Maggio 2022, 06:50 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 02:00

ANCONA - «La mia vita sono i nipoti, la passione per le moto e quella per il lavoro in mare ma ora al mare non andrò più, neppure per fare un bagno». Onorio Olivi ha 66 anni, è nato e vive a Chiaravalle, da 6 anni è in pensione ma amava talmente tanto il lavoro di gruista e tecnico che ha svolto per 40 anni a bordo di imbarcazioni e pontoni, che ha accettato volentieri di partecipare con l’Ilma di Ancona ad opere marine come quella che lo stava portando con altri 10 operai a bordo del pontone AD3 a Durazzo, trainato dal rimorchiatore Franco P. con altri 6 marittimi a bordo.

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«Una tragedia – dice Olivi, che ieri è stato a lungo ascoltato dagli inquirenti della Capitaneria di porto di Bari che indagano sul naufragio - un dramma che non avrei mai pensato di vivere neppure lontanamente».

Il rimorchiatore Franco P. alle 20,15 di mercoledì scorso ha cominciato a imbarcare acqua e si è inabissato senza lasciare scampo a 5 dei 6 uomini dell’equipaggio. 


«Eravamo in navigazione da meno di tre giorni e non c’erano stati problemi, ma all’improvviso la barca si è impennata ed è andata giù – dice Olivi –. Abbiamo perso così cinque nostri fratelli, uomini con cui ho lavorato insieme per tanti anni. Il completo affondamento non è stato istantaneo perché è trascorsa una ventina di minuti, ma evidentemente i 5 che hanno perso la vita erano sotto coperta dove le acque sono arrivate subito e con violenza mentre il comandante si è salvato perché stava sulla torretta superiore. Dovevamo raggiungere Durazzo per un lavoro su delle tubazioni e il trasferimento era di routine. E invece, all’improvviso, è stata una tragedia. Ci si è spezzato il cuore, ma non abbiamo potuto fare nulla per aiutare i nostri fratelli: abbiamo dovuto tagliare i cavi che ci legavano al rimorchiatore che era lontano circa 250 metri dal pontone. E poi siamo stati 20 ore alla deriva». Il racconto del chiaravallese è particolareggiato e l’uomo si commuove quando ricorda i suoi compagni di lavoro.

«Mauro Mongelli, il macchinista, ha una figlia che deve sposarsi in questi giorni, ed un altro dei deceduti aveva 5 figli. Siamo alla Capitaneria di porto di Bari dove ci hanno sentito come testimoni e ci sono anche i parenti delle vittime: non riusciamo a guardarli negli occhi, non riusciamo a capacitarci che i nostri fratelli siano morti in mare. Non siamo riusciti a fare nulla, le condizioni del mare non erano proibitive ma c’erano onde due metri e mezzo anche se non credo che l’affondamento sia addebitabile alle condizioni meteo. Da 21 anni lavoro con questa società, con l’Ilma, che è seria e meticolosa, mai è successo nulla di grave». E dire che il tecnico chiaravallese la domenica prima della partenza per il lavoro a Durazzo l’aveva trascorsa in motocicletta in giro con diversi suoi amici, appassionati come lui delle due ruote. Mentre partiva con il pontone AD3 aveva avuto il tempo anche per postare su Facebook due belle foto del tramonto e del mare calmo e le aveva accompagnate con un saluto benaugurante, “ciao belli”. Non poteva certo pensare che l’Adriatico diventasse di lì a poco tanto cattivo e la tomba di 5 amici.

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