Niente sconti per Pinti, 16 anni e 8 mesi. L’untore in aula: «Romina, perdonami»

Niente sconti per Pinti, 16 anni e 8 mesi. L’untore in aula: «Romina, perdonami»
Niente sconti per Pinti, 16 anni e 8 mesi. L’untore in aula: «Romina, perdonami»
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Mercoledì 27 Novembre 2019, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 15:56

ANCONA - «Chiedo scusa a Romina per non averle detto di essere sieropositivo. Ora, non abbraccio più le tesi negazioniste. Con Giovanna è andata diversamente. Lei sapeva della malattia». La richiesta di perdono non ha cambiato di una virgola la sentenza di primo grado. Claudio Pinti è stato condannato anche dalla Corte d’Appello. Confermati i 16 anni e 8 mesi di reclusione inflitti in abbreviato lo scorso marzo dal gup Paola Moscaroli per la duplice accusa di lesioni volontarie gravissime e omicidio volontario. 

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Il primo reato è legato al contagio dell’ultima compagna, Romina Scaloni, la donna di Agugliano che ha avuto il coraggio di denunciarlo dopo aver saputo di aver contratto l’Hiv nel maggio 2018. Il secondo è connesso al decesso di Giovanna, l’ex convivente morta nel giugno 2017 per una patologia tumorale connessa al virus, per la procura veicolato dolosamente proprio da Pinti. Il verdetto del tribunale di via Carducci è arrivato ieri pomeriggio dopo circa tre ore di camera di consiglio della corte presieduta dal giudice Giovanni Trerè. 

L’udienza è iniziata con le dichiarazioni spontanee del 36enne di Agugliano, tradotto dal carcere romano di Rebibbia. Davanti ai giudici ha parlato per una ventina di minuti dove «ha chiarito quello che era possibile chiarire» ha detto il difensore Massimo Rao Camemi. «Si è detto dispiaciuto per il contagio di Romina, affermando che con Giovanna le cose sono andate diversamente».

Stando alla versione difensiva, l’ex convivente – nonché madre di sua figlia – era stata messa al corrente della sieropositività di cui è portatore Pinti. E lui non le avrebbe neanche mai impedito di curarsi nel momento della scoperta dell’Hiv e dell’insorgere della patologia tumorale. «La fase negazionista – ha precisato Rao Camemi – è stata superata. Ed è anche per questo che ha iniziato a curarsi. Le sue condizioni di salute non sono buone. In un contesto del genere, la pena da scontare diventa disumana». 

Le scuse non hanno convinto Romina, assistita dall’avvocato Alessandro Scaloni. «Lo conosco bene, non credo a una sola parola di quello che ha detto. Io conosco la verità, non ci faccio nulla delle sue scuse. La sentenza? È la cosa più giusta, sono contenta e sollevata». In aula c’erano anche Elena Martini e Cristina Bolognini, le avvocatesse che rappresentano la famiglia dell’ex compagna morta: «È un verdetto più che giusto, giustizia è stata fatta per una donna grazie anche a un’altra donna: Romina». Le motivazioni saranno rese note entro 90 giorni, poi la difesa di Pinti potrà ricorrere in Cassazione. Intanto ha chiesto la sostituzione del carcere con i domiciliari «per concedere a Pinti di curarsi adeguatamente». I giudici d’appello decideranno entro cinque giorni.

Invariati anche i risarcimenti riconosciuti alle parti civili: una somma che complessivamnte supera i 400mila euro.

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