Addio Dina Canepari, "forever young": è morta la signora di Alice's e del ristorante Amelie

Un'immagine giovanile di Dina Canepari
Un'immagine giovanile di Dina Canepari
di Lucilla Niccolini
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Domenica 22 Novembre 2020, 02:15 - Ultimo aggiornamento: 11:49

ANCONA - Una “forever young” d’acciaio, capace di slanci di generosità, sempre all’altezza e in forma. Dina Canepari se n’è andata, ha mollato la cima e si è allontanata su quel mare da cui, montanara di Bassano del Grappa, non sapeva stare lontana. Chi l’ha saputo tra i primi, ieri mattina, dalla rete dei tamtam social, non riusciva a crederci.

Fino a pochi giorni fa girava ancora tra i tavoli di “Amelie”, il ristorante che aveva aperto a Piazzale Loreto col marito Riccardo. Quasi presaga che prima o poi, com’è avvenuto, avrebbe dovuto lasciare il locale al Circolo del Tennis, allo Stadio Dorico, si era lasciata convincere dal “fascino underground” di Piano San Lazzaro. Per tutti, rimaneva la signora di Alice’s, il ristorante rilevato nel 2006. Rideva di asciutto compiacimento, quando qualcuno, pagando il conto, le canticchiava: «Al ristorante di Alice, io sono felice, perché…!». E allora uno dei suoi “ragazzi”, che l’aiutavano a servire, da lontano le batteva le mani. Con loro, aveva un rapporto franco e leale, di vera collaborazione. «Non ne potrei fare a meno», diceva. E mai nessuno se n’era andato, se non di sua spontanea volontà, attratto da un’occasione migliore. Andava fiera dei suoi ragazzi, di tutte le nazionalità: «Il mio meraviglioso staff viene dal mondo». Come lei: era nata a Buenos Aires il 28 aprile del 1958. Suo padre Sergio, di Reggio Emilia, girava le pampas con il camion, e aveva incontrato Adriana, figlia di Ermenegilda, che dal Veneto era venuta in Argentina ad aprire un albergo.

Tornata adolescente in Italia, a Bassano del Grappa, Dina era andata a lavorare in fabbrica; poi, col marito Stefano, aveva assunto la gestione di un distributore. Una ragazza tosta, che sapeva sporcarsi le mani, conservando quel modo brusco e autorevole di trattare con i clienti. Un garbo ruvido ed elegante che apprezzarono ancor più a Palau, dove, rimasta vedova assai presto, si trasferì come cameriera. Dopo otto anni, piuttosto che tornare a Bassano, preferì raggiungere la cugina Anna, infermiera, a Falconara. «Ormai non avrei più saputo fare a meno del mare». Aiutava il marito di Anna, lo zaratino Dietrich, sul barchino con cui pescava i moscioli. Era l’unica donna, sul molo del Mandracchio, capace col suo cipiglio, di scoraggiare qualunque perditempo. 

Ma alla fine aveva dato fiducia a Riccardo Pugnaloni, che aveva sposato. E subito Dina ha ripreso a fare la cameriera: all’Opera Nova della Marca, al Clandestino di Cedroni, da Irma al porto. Quando Irma s’era infortunata, per un anno aveva gestito da sola la trattoria. E ci aveva preso gusto. Colse al volo l’invito di un socio del Circolo del Tennis a rilevare il loro locale. Era un po’ malandato, ma con la sua energia creativa, l’ha trasformato in un locale cult. “Cool”, lo definivano gli stranieri. E quando, l’anno scorso, perse la gara per il nuovo appalto, corrucciata ripeteva: «Ma non importa a nessuno, che ce ne andiamo?».

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