ANCONA - Con la loro presenza discreta, con le loro parole di conforto, in questi giorni di emergenza sanitaria, svolgono un servizio prezioso in termini di vicinanza e sostegno nei confronti dei malati e del personale sanitario. Si tratta dei cappellani degli ospedali che operano nella Diocesi di Ancona-Osimo che rappresentano il segno della presenza di Dio in questa drammatica situazione dettata dal coronavirus, continuando a far arrivare a tutti i sacramenti.
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All’ospedale regionale di Torrette, dove ci sono tanti pazienti positivi al Covid-19 ed il personale sanitario lavora senza sosta, è fondamentale il sostegno spirituale dei cappellani, di padre Enrico Matta, padre Giovanni Pieroni e padre Stefano Carloni. Tre frati cappuccini che operano da tempo all’interno di questo ospedale e che in questi giorni sono chiamati a far sentire la loro vicinanza. «Viviamo questa emergenza stando accanto ai malati – racconta padre Enrico Matta – ma anche ai medici e agli infermieri. La comunione continuiamo a portarla nei reparti e siamo disponibili alle confessioni. Chiedono di potersi confessare anche gli infermieri e il personale sanitario e ascoltiamo le persone che hanno bisogno».
Padre Enrico è a Torrette da 13 anni, sacerdote da 18. «Non ho mai visto una situazione simile - racconta -. Anche perché si tratta di un momento veramente particolare. I malati del Covid non hanno nessuno dei familiari con loro, senza affetti e contatti con i loro cari. E gli stessi familiari vivono con angoscia questi momenti, senza poterli vedere neanche una volta deceduti. È veramente triste ma occorre andare avanti». Padre Enrico è anconetano del Sacro Cuore, chiesa in cui ha prima fatto il chierichetto e poi diventato sacerdote il 4 aprile 2002, dalle mani di mons. Franco Festorazzi, ispirato da padre Bernardino nel suo percorso spirituale. Prima aveva fatto il pilota d’aerei poi la chiamata del Signore e la sua discesa in campo per diffondere la parola del Vangelo. «Ci vuole tanta fede e coraggio in questi momenti - afferma - La fede è necessaria, il coraggio ce l’infonde Gesù. Del resto il Signore ci ha chiamato a fare quello che facciamo in maniera appassionata ma mi sento di dire che in fondo non facciamo nulla di straordinario. Aiutiamo solo il prossimo». Il suo pensiero, piuttosto, va a medici, infermieri e personale sanitario. «Sono encomiabili. Loro sono i veri eroi. Si spendono senza sosta, anche con pochi ed adeguati sussidi sanitari. Alcuni di loro preferiscono alloggiare lontano da casa per non infettare i loro cari e quindi da giorni non vedono i loro familiari. Parliamo con loro - conclude - cercando di essere disponibile anche per i sacramenti. Per raccogliere il loro stato d’animo. Così come cerchiamo di essere vicini anche agli altri ammalati non Covid 19, e ce ne sono tanti perché le altre malattie, specialmente quelle oncologiche, non vanno in ferie».
Padre Enrico ed i suoi due confratelli hanno anche sperimentato l’esperienza della clinica di Rianimazione. «Sovente siamo lì per dare per dare il sacramento dell’unzione degli infermi.
«I malati senza familiari anche quando muoiono». I cappellani degli ospedali al fianco di pazienti, parenti, medici e infermieri
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Mercoledì 25 Marzo 2020, 07:52
Questa mattina (ieri ndr.) l’ho fatto per due volte (una per un missionario saveriano che purtroppo non ce l’ha fatta). Chiaramente mi hanno bardato con tuta, guanti e mascherine, per entrare nel reparto». Ma cosa è cambiato nell’ospedale di Torrette in questi ultimi giorni? «La normale operatività è stravolta da questa emergenza. Noi continuiamo a svolgere il nostro servizio perché i malati hanno bisogno anche del sostegno spirituale, oltre che di quello medico. Siamo dei pastori e siamo chiamati a stare vicino alle persone, anche dando la vita. Numerosi santi che la Chiesa ha canonizzato dimostrano questo, ad esempio san Carlo Borromeo era giovane e aveva tutta la vita davanti, ma quando c’è stata la peste a Milano è stato il primo ad assistere gli appestati».
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