Discoteca-trappola, chieste 5 condanne. Il pm: «Un mix di favoritismi e avidità»

Discoteca-trappola, chieste 5 condanne. Il pm: «Un mix di favoritismi e avidità»
Discoteca-trappola, chieste 5 condanne. Il pm: «Un mix di favoritismi e avidità»
di Teodora Stefanelli
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Giovedì 13 Gennaio 2022, 01:55

ANCONA  - Oltre 21 anni di carcere complessivi chiesti dalla Procura per cinque dei sette imputati che hanno scelto il giudizio abbreviato nel processo bis sulla strage di Corinaldo, quello sulle responsabilità colpose dei “colletti bianchi” che avrebbero trasformato la Lanterna Azzurra in una trappola mortale, con uscite di sicurezza inadeguate e una security evanescente.

Una serie di irregolarità e mancanze rilevanti da parte dei gestori del locale, la sottovalutazione di un rischio reale con l’intento di speculare su giovani e giovanissimi che frequentavano la discoteca: ieri in aula si è ripercorsa quella maledetta notte dell’8 dicembre 2018, quando, in attesa di un deejay set con Sfera Ebbasta, persero la vita 6 persone (cinque minori e una mamma di 39 anni) e ne rimasero ferite oltre 200.

Alla sbarra sette imputati tra gestori del locale, proprietari dell’ex capannone agricolo adibito a discoteca e addetti alla sicurezza. 


I pm Paolo Gubinelli e Valentina Bavai - che contestano i reati di omicidio colposo plurimo, lesioni aggravate, disastro colposo e falso - hanno sottolineato che in quella discoteca di Corinaldo più volte si erano superati i limiti di capienza. Per due proprietarie dell’immobile Mara Paialunga e Letizia Micci, ritenute evidentemente estranee alle decisioni, la procura ha chiesto però l’assoluzione. Il conto presentato agli altri 5 imputati nella requisitoria è articolato: 3 anni di reclusione la pena richiesta per Alberto e Marco Micci, anche loro proprietari dell’immobile. Per il deejay e organizzatore della serata, Marco Cecchini, la richiesta è di 6 anni di reclusione e un mese di arresto, mentre per il socio della Magic Srl che gestiva il locale, Carlantonio Capone, la richiesta è di 4 anni e 8 mesi. Stessa pena sollecitata per Gianni Ermellini, responsabile della security. Stando alla ricostruzione dell’accusa quella sera nella discoteca di Corinaldo ci sarebbero state almeno 1032 persone nella sala principale, oltre il doppio rispetto alla capienza massima consentita di 459. Proprio Cecchini avrebbe fatto stampare addirittura 6mila prevendite e per i pm, quella non era la prima volta che alla Lanterna Azzurra si oltrepassavano i limiti di capienza.


«Con Sfera – scriveva in una chat su whatsApp Carlantonio Capone – si può arrivare penso e spero a 2500». Bisognava fare cassa perché il trapper per una serata che comprendeva due show, uno all’Altromondo studios di Rimini e subito dopo a Corinaldo, avrebbe stipulato un contratto per 45mila euro. Dall’analisi e dalle ricostruzioni della tragedia la procura ieri ha parlato di «un’emergenza che non è stata gestita affatto» con dei responsabili che hanno agito in modo «poco consapevole o quantomeno incauto». L’elenco degli addetti alla security, solo per dirne una, sarebbe stato compilato dopo le due di notte, e cioè a tragedia avvenuta.


Il tema dell’avidità combinata ai favoritismi è stato al centro della requisitoria del pm Paolo Gubinelli che ha rimarcato come, grazie a trattamenti di favore anche da parte dell’amministrazione pubblica, i proprietari e i gestori avessero potuto ottenere il via libera alla riconversione di quello che era un magazzino agricolo in un locale di pubblico spettacolo. Favoritismi che avrebbero consentito agli imputati di svolgere l’attività con molta libertà e di guadagnare con la discoteca. E questo sarà un tema sicuramente al centro anche dell’udienza preliminare con rito ordinario fissata il 3 febbraio per l’altro gruppo di imputati di reati colposi, tra cui figurano i componenti della Commissione di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, presieduta dal sindaco di Corinaldo Matteo Principi, che nell’ottobre 2017 diede via libera alla Lanterna Azzurra. 

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