Green pass falsi, l'infermiere infedele sotto il torchio del pm: «Mi pento di quello che ho fatto, ma non ero solo»

L'infermiere Emanuele Luchetti scortato dalla Penitenziaria
L'infermiere Emanuele Luchetti scortato dalla Penitenziaria
di Federica Serfilippi
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Sabato 15 Gennaio 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 15:58

ANCONA - Un interrogatorio per chiarire alcuni punti dell’inchiesta, alla luce di quanto esposto davanti al gip, quando aveva dichiarato: «Sono solo un anello della catena, non certo l’organizzatore». È durato un’ora e mezza il faccia a faccia tra il pm Ruggiero Dicuonzo ed Emanuele Luchetti, il 50enne infermiere anconetano finito in carcere con l’accusa di aver falsamente vaccinato almeno una sessantina di utenti in cambio di mazzette.

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Attorno alle 13.45 di ieri, il professionista è stato scortato dalla Polizia Penitenziaria all’ultimo piano del tribunale di Ancona.

Piumino blu, pantaloni della tuta e sneakers in tinta, è entrato in un’aula del quinto piano tenendo sotto braccio alcuni atti dell’inchiesta che ha portato all’emissione di 50 misure cautelari. Ad attenderlo, oltre all’avvocato difensore Marta Balestra, c’erano gli investigatori della Squadra Mobile, compreso il dirigente Carlo Pinto.

È stato lo stesso pm titolare dell’indagine a chiedere di poter interrogare Luchetti dopo le parole rese da quest’ultimo giovedì davanti al gip. A dichiarazioni confessorie («Sono pentito, mi sono reso conto degli errori commessi») si erano unite anche affermazioni che hanno tirato in ballo altre persone da cui l’infermiere avrebbe ricevuto dei pressing per imbastire la messinscena dei vaccini bluff. Il 50enne, accusato di peculato, corruzione, falso e istigazione alla corruzione, aveva infatti riferito «di aver ceduto alle pressioni ricevute da coloro i quali hanno messo in piedi questo meccanismo, sicuramente spinto dai perduranti personali problemi economici». Luchetti si è detto «un anello della catena, non certo l’organizzatore».

Una catena il cui fulcro operativo era all’hub vaccinale del Paolinelli, dove almeno una sessantina di persone (questo, per ora, il conteggio della Squadra Mobile) avrebbe pagato fino a 450 euro per ottenere in maniera illecita il Green Pass. Nei confronti del pubblico ministero, Luchetti si è posto in maniera collaborativa, disposto a chiarire quei punti dell’inchiesta ancora rarefatti. Rimangono, per esempio, da conteggiare in maniera chiara i canali di “approvvigionamento” degli utenti no vax.  

La procura ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari per quattro presunti procacciatori: l’avvocato Gabriele Galeazzi (non avrebbe guadagnato nulla dai bluff), l’imprenditore edile Stefano Galli, la banconista Daniela Maria Zeleniuschi e il ristoratore Daniele Mecozzi. Ma ci sono altri affaristi? «Le fonti sono diverse» ammetteva Luchetti il 18 dicembre al dottor Carlo Miglietta, l’odontoiatra che, registrando le conversazioni di nascosto, lo ha smascherato e denunciato alla Squadra Mobile.

E ancora: da quanto tempo andavano avanti le simulazioni? Da un’intercettazione, si sente dire da Luchetti che «non siamo partiti adesso in questo discorso qui». Inizialmente – questo si desume dall’ordinanza – sarebbero stati richiesti 50 euro per ogni finta inoculazione. Man mano si è arrivati da un minimo di 300 a un massimo di 450 euro, con una speranza: «Da anno novo portamo tutto a cinque». E infine, Luchetti parla di pressioni ricevute: saranno ora gli investigatori a scandagliare questo punto, cercando riscontri sul campo. Oltre ai 50 che hanno ricevuto misure cautelari (45 sarebbero clienti no vax, con obbligo di dimora e presentazione alla Pg) ci sarebbero almeno una ventina di indagati a piede libero. In caso di collaborazione fattiva, per alcuni reati contestati Luchetti potrebbe ricevere specifiche attenuanti, sempre che si arrivi a giudizio. 

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