ANCONA - Potrebbero avere le ore contate i bulli che domenica sera hanno aggredito e riempito di botte un cinquantenne anconetano, inseguito da piazza del Papa a via Matteotti, dimesso dall’ospedale con una prognosi iniziale di trenta giorni e il naso fratturato.
Le indagini della polizia, condotte dalla Squadra Mobile, procedono a ritmo serrato.
Oltre alla vittima, che ha raccontato di essere stato pestato per aver ripreso un ragazzino intento a rubare una bicicletta, sono stati ascoltati alcuni testimoni, tra cui una coppia di amici del cinquantenne che hanno assistito all’agguato e sostengono di aver visto uno dei giovani brandire un coltello lungo almeno venti centimetri, anche se il riferimento per ora non ha trovato riscontri.
Gli inquirenti hanno acquisito le immagini registrate dalle telecamere del centro e le stanno setacciando alla ricerca di indizi preziosi. I filmati avrebbero ripreso diverse scene, inclusa quella dell’aggressione ad opera di 5-6 giovani, mentre altri loro amici erano fermi a guardare. Al vaglio anche i tabulati telefonici. Bocche cucite da parte degli investigatori, ma le ricerche procedono senza sosta e la baby gang potrebbe essere presto stanata, come ha auspicato anche il prefetto Darco Pellos che si è duramente scagliato contro i bulli, definendoli delinquenti incivili e spregevoli.
Già, ma chi sono? Avrebbero tra i 16 e i 20 anni e apparterrebbero a gruppi che abitualmente si ritrovano in quartieri periferici a nord del capoluogo.
A cementare il loro legame d’amicizia sono le regole del branco: se uno viene attaccato, i complici intervengono a sostegno, in sua difesa. Di qui gli scontri tra bande che nel periodo del lockdown hanno sconquassato il centro, dove frotte di ragazzini avevano l’abitudine di sfidarsi nel weekend dopo essersi dati appuntamento via social, tra minacce e rivendicazioni, nascondendo coltelli e tirapugni negli zaini. Proprio perché si tratta di gruppi frastagliati e disomogenei, è difficile tracciare un identikit preciso. Ma all’interno delle gang spesso trovano spazio italiani di seconda generazione, millennial nati e cresciuti in Italia, ma i cui nomi tradiscono origine straniera: albanesi, romeni, nordafricani, sudamericani.
Come i 4 giovani denunciati dalla polizia per l’aggressione di piazza della Repubblica dello scorso 5 giugno, quando attaccarono briga con 4 foggiani che festeggiavano un addio al celibato. O come i 7 anconetani - figli di immigrati dall’Africa -, quasi tutti minorenni, che i carabinieri hanno denunciato a Riccione, nello scorso weekend, perché si divertivano a rapinare coetanei in vacanza nella riviera romagnola.