Fermo pesca, quest'anno è una manna: «Troppi costi, rischiamo di chiudere»

Fermo pesca, quest'anno è una manna: «Troppi costi, rischiamo di chiudere»
Fermo pesca, quest'anno è una manna: «Troppi costi, rischiamo di chiudere»
di Andrea Maccarone
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Domenica 31 Luglio 2022, 06:05

ANCNA - È scattato venerdì scorso il fermo pesca e fino al 12 settembre le imbarcazioni resteranno ormeggiate in banchina. Ma per gli armatori è quasi una manna dal cielo. Perché, col caro gasolio, andare in mare è diventato proibitivo. I costi sono saliti alle stelle e la categoria è sul punto di alzare bandiera bianca.

Con l’imbarcazione ferma si risparmiano i soldi del gasolio, ma i marinai vanno pagati. Se non si lavora non c’è nemmeno la liquidità per affrontare i costi fissi. E’ un circolo vizioso innescato in un’estate maledetta, dove il settore della pesca ha lavorato a fasi alterne tra scioperi e una rimodulazione delle giornate di lavoro per ammortizzare i costi del carburante. E adesso il mese e mezzo di stop previsto per legge. 

I rischi 

Ancona, come tutte le città con una consistente economia di mare legata alla pesca, rischia di perdere un intero compartimento in pochi anni. «Se continua così non vale la pena tenere aperta l’azienda - afferma Gilfredo Paoletti, armatore e comandante del motopeschereccio Gladiatore -, fino adesso abbiamo lavorato per limitare i danni». Tanto che l’intera flotta dorica ha ridotto considerevolmente il numero di uscite. «A giugno sette pescate, a luglio nove», spiega il presidente dell’associazione produttori pesca di Ancona, Apollinare Lazzeri. E con il prezzo del gasolio a 1,16 euro al litro (con punte di 1,20/1,30 euro al litro nei mesi scorsi) «per nove giorni di lavoro ho speso 30 mila euro di carburante - sottolinea Lazzeri - l’anno scorso avrei speso sui 12-13 mila euro. Non se ne esce vivi». 

Le demolizioni

Tra gli armatori più anziani e senza figli in mare comincia a farsi sempre più pressante l’intenzione di vendere i pescherecci, o aspettare la demolizione per chiudere l’azienda. «Tanti la pensano così - conferma Luigi Rombini, pescatore di 33 anni imbarcato nell’Intrepido - e non c’è stato il ricambio generazionale.

Giovani come me sono sempre meno e l’età degli armatori e dei comandanti è sulla sessantina». Il mestiere è duro, ma se sopra ci si mette pure l’inflazione e il rialzo dei prezzi diventa quasi impossibile restare a galla. Con la diminuzione delle pescate si è ridotta la quantità di pesce in commercio. «All’inizio il prezzo è salito considerevolmente - continua Rombini - anche del 15%». E per garantirsi un’entrata tale da sostenere i costi di gestione dell’imbarcazione, gli armatori hanno rimodulato le giornate di pesca. «Prima pescavamo tre giorni di fila - spiega Lazzeri - ma il primo prendi un tot di pesce, il secondo meno e il terzo ancora meno. E con il gasolio a questi prezzi ci rimetti l’osso del collo. Ora peschiamo a giorni alterni, ci garantiamo un quantitativo adeguato per rientrare nei costi». Col fermo pesca il mare si ripopola. E con l’abbondanza di materia prima il prezzo deve per forza scendere. «Infatti se a settembre il prezzo del pesce calerà siamo nei guai» ribatte prontamente Lazzeri. L’unica speranza è l’abbassamento del prezzo del carburante. «Almeno dovrebbe scendere sotto l’euro per garantirci la sostenibilità» sottolinea Lazzeri. «L’anno scorso la nafta stava a 0,36 al litro - specifica Rombini - adesso viaggia su 1,16». «La speranza è di risvegliarsi a settembre in un contesto migliore - auspica Paoletti - ma è difficile che si risolvano tutti i problemi in un mese». Autunno caldo? Paoletti: «Tutto è possibile».

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