ANCNA - È scattato venerdì scorso il fermo pesca e fino al 12 settembre le imbarcazioni resteranno ormeggiate in banchina. Ma per gli armatori è quasi una manna dal cielo. Perché, col caro gasolio, andare in mare è diventato proibitivo. I costi sono saliti alle stelle e la categoria è sul punto di alzare bandiera bianca.
Con l’imbarcazione ferma si risparmiano i soldi del gasolio, ma i marinai vanno pagati. Se non si lavora non c’è nemmeno la liquidità per affrontare i costi fissi. E’ un circolo vizioso innescato in un’estate maledetta, dove il settore della pesca ha lavorato a fasi alterne tra scioperi e una rimodulazione delle giornate di lavoro per ammortizzare i costi del carburante. E adesso il mese e mezzo di stop previsto per legge.
I rischi
Ancona, come tutte le città con una consistente economia di mare legata alla pesca, rischia di perdere un intero compartimento in pochi anni. «Se continua così non vale la pena tenere aperta l’azienda - afferma Gilfredo Paoletti, armatore e comandante del motopeschereccio Gladiatore -, fino adesso abbiamo lavorato per limitare i danni». Tanto che l’intera flotta dorica ha ridotto considerevolmente il numero di uscite. «A giugno sette pescate, a luglio nove», spiega il presidente dell’associazione produttori pesca di Ancona, Apollinare Lazzeri. E con il prezzo del gasolio a 1,16 euro al litro (con punte di 1,20/1,30 euro al litro nei mesi scorsi) «per nove giorni di lavoro ho speso 30 mila euro di carburante - sottolinea Lazzeri - l’anno scorso avrei speso sui 12-13 mila euro. Non se ne esce vivi».
Le demolizioni
Tra gli armatori più anziani e senza figli in mare comincia a farsi sempre più pressante l’intenzione di vendere i pescherecci, o aspettare la demolizione per chiudere l’azienda. «Tanti la pensano così - conferma Luigi Rombini, pescatore di 33 anni imbarcato nell’Intrepido - e non c’è stato il ricambio generazionale.