Ex Tubimar, sono ancora un rebus le cause dell’incendio

Ex Tubimar, sono ancora un rebus le cause dell’incendio
Ex Tubimar, sono ancora un rebus le cause dell’incendio
di Federica Serfilippi
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Venerdì 2 Ottobre 2020, 05:10

ANCONA - La relazione redatta dai vigili del fuoco sul disastro dell’ex Tubimar parte da una certezza: all’interno del centro di stoccaggio a forma di L ciò che è stato intaccato dal fuoco è andato completamente distrutto. Le fiamme scoppiate nella notte del 16 settembre hanno divorato tutto ciò che hanno trovato sul loro cammino.

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La devastazione sta alla base di una duplice difficoltà: ravvisare le cause del maxi rogo e circoscrivere con esattezza il punto da cui sono partite le lingue di fuoco. È per questo che sono necessari ulteriori accertamenti. 

È probabile che nelle prossime ore il pm Irene Bilotta, titolare dell’indagine aperta per incendio (non ci sono indagati), dia l’incarico a un perito per chiarire i tanti punti oscuri che ancora gravitano attorno all’inferno di fuoco che ha reso inagibili almeno 30mila mq dell’ex Tubimar. La relazione dei vigili del fuoco dopo i sopralluoghi effettuati all’interno dei capannoni una volta spenti gli ultimi focolai è stata portata sul tavolo del pm nella giornata di mercoledì. Si tratta di un report che mira a dare indicazioni su quanto avvenuto in quella notte che ha tenuto la città col fiato sospeso. Non ci sarebbe però una conclusione sulle cause del rogo. Appare dunque probabile che il passo successivo possa essere rappresentato da una consulenza ordinata dalla procura. Le ipotesi sull’origine dell’incendio sono molteplici e sembrano propendere per le cause accidentali, prendendo soprattutto in considerazione la pista del guasto elettrico.

Non è facile, però, risalire a quale sistema (pannelli fotovoltaici, computer e altri dispositivi) possa essere andato in tilt. Una porzione di capannone è stata posta sotto sequestro. Si tratta delle due aree (sul lato più corto della L) in concessione a Frittelli Maritime. L’idea è che il rogo sia partito proprio da questi spazi, intaccando poi i depositi vicini. Ieri, intanto, è stato pubblicato dall’Arpam l’aggiornamento relativo alla qualità dell’aria e ai campionamenti eseguiti dopo il rogo. Ancora in atto sono quelli, coordinati con l’Asur, relativi al suolo e al possibile deposito sui vegetali di diossine e furani, sostanze che si sono sprigionate nell’aria e la cui inalazione – come assicurato dal sindaco Mancinelli e dal direttore dell’agenzia Marchetti - non rappresenta un pericolo per la salute. 


Nelle due postazioni di rilevamento (Cittadella e Comune) «non è stata rilevata la presenza di fibre di amianto» si legge nella relazione Arpam. E ancora, è stata esclusa «la presenza di fibre di vetro in aria ambiente». Sotto i livelli di criticità anche l’emissione di acido cianidrico. Le conclusioni: «Le concentrazioni delle sostanze ricercate che hanno fatto registrare un valore strumentalmente rilevabile, sono risultate conformi ai limiti normativi, laddove previsti dalle norme vigenti, e comunque inferiori ai valori di qualità dell’aria ed ai parametri tossicologici di riferimento individuati dall’analisi delle banche dati messe a disposizione di Enti/Agenzie scientifiche e regolatorie, nazionali ed internazionali».

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