L'occasione di riscatto fallita dai bulli tra spinelli e fughe dalla comunità. Due messe alla prova revocate

L'occasione di riscatto fallita dai bulli tra spinelli e fughe dalla comunità. Due messe alla prova revocate
L'occasione di riscatto fallita dai bulli tra spinelli e fughe dalla comunità. Due messe alla prova revocate
di Federica Serfilippi
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Giovedì 23 Dicembre 2021, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 16:00

ANCONA - Due messe alla prova fallite, due andate avanti. È un bilancio a metà quello nato dall’inchiesta del Tribunale dei Minori sulle estorsioni e sugli atti persecutori subiti da un gruppo di ragazzi, alcuni dei quali gravati da deficit cognitivi, tra il 2018 e il 2020. L’indagine portata avanti dalla Squadra Mobile e condotta dalla procuratrice dei minori Giovanna Lebboroni aveva portato nell’ottobre del 2020 all’arresto di quattro giovani, tutti minorenni all’epoca dei fatti, proprio come le loro vittime. 

Erano finiti in carcere per un breve periodo.

Poi, nell’inverno dello scorso anno per i presunti stalker (ora tra i 17 e i 19 anni) è stato deliberato un programma di messa alla prova da passare in comunità: chi per 18 mesi, chi per 27. Erano stati avallati dei percorsi riabilitativi, con programmi di giustizia riparativa, lavori socialmente utili, attività scolastiche. È successo che per due di loro (un 18enne anconetano e un coetaneo di origine rom) la Map è stata revocata, tra fughe e consumo di spinelli, mentre per altri per due (17 e 19 anni) è proseguita.

L’allontanamento

La Map è cessata per chi, è stato rilevato dalla procura, si è allontanato volontariamente dalla comunità, interrompendo di fatto il rapporto con gli educatori e il programma stabilito. In un caso, tra l’altro, un 18enne sarebbe anche stato più volte trovato positivo ai test tossicologici. Quest’ultimo dovrà affrontare il processo il 15 febbraio. L’altro è già stato giudicato nelle scorse settimane in abbreviato: due anni e otto mesi la pen inflitta. Un maggiorenne all’epoca dei fatti, sempre accusato di stalking ed estorsione (il quinto della banda), è arrivato già al secondo grado di giudizio, condannato a tre anni e quattro mesi. «I genitori del ragazzo che assisto – dice l’avvocato Laura Versace, che tutela un 16enne vittima degli stalker – avevano accolto con piacere la messa alla prova. Non si è mai trattato di vendetta: l’obiettivo era che il figlio non subisse più violenze e che questi ragazzi potessero intraprendere un percorso di reinserimento per avere un futuro migliore e lontano dalle condotte contestate». 

L’adesione convinta

Sulle Map fallite: «Probabilmente – prosegue il legato – sarebbe servito un controllo più forte da parte della comunità, a cui forse servono più risorse. È inaccettabile che da queste strutture si possa uscire liberamente e che si arrivi a fare uso di stupefacenti. Insomma, tutto il contrario di un percorso di messa alla prova: se lo si intraprende, l’adesione del ragazzo deve essere totale, anche perché vuol dire abbracciare un percorso di crescita interiore». Ora, per il 18enne ci sarà il processo: «Ci si augura sempre che in caso di esecuzione della pena venga intrapreso comunque un programma di recupero, in modo che l’imputato ne possa uscire migliorato». 

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