«Beveva, mi voleva buttare dalla finestra». Botte anche al figlio, impiegato a giudizio ad Ancona

«Beveva, mi voleva buttare dalla finestra». Botte anche al figlio, impiegato a giudizio ad Ancona
«Beveva, mi voleva buttare dalla finestra». Botte anche al figlio, impiegato a giudizio ad Ancona
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Giovedì 9 Marzo 2023, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 07:26

ANCONA «Avevo paura di vivere in quella casa. Quando beveva mi picchiava e mi insultava, una volta ha anche provato a buttarmi dalla finestra». Con le lacrime agli occhi, dal banco dei testimoni, una 50enne ha raccontato ieri i soprusi subiti dall’ormai ex marito, un impiegato finito a processo per maltrattamenti in famiglia e stalking. Parte civile non è solo la donna, ma anche il figlio maggiore della coppia, che in più occasioni avrebbe assistito alle violenze. Pure lui sarebbe stato insultato e malmenato dal padre. I fatti, principalmente, si sono svolti tra il 2017 e il 2019, in una cittadina della Val Musone. 


Il racconto

«Dopo un lutto subito - ha detto la donna - mio marito ha iniziato a bere ancora più di prima. Ricordo che dopo un’aggressione ho camminato zoppa per settimane: mi truccavo e mettevo i vestiti lunghi per non far vedere i lividi». Ci sarebbero state anche minacce: «Diceva che sarei morta e che mi avrebbe bruciato nel forno. Ero arrivata ad avere paura di vivere in quella casa». Tanto che lei, assieme ai due figli, avevano deciso di allontanarsene all’inizio del 2019, approfittando dell’assenza dell’imputato, via per motivi di lavoro. 
Sul banco dei testimoni anche il figlio 20enne della coppia.

Ha raccontato di aver visto più volte il padre «strattonare, tirare i capelli a mia madre, che è stata anche sbattuta contro il tavolo e la porta. Beveva e la insultava, era un disco rotto: “Sei una fallita”, “non fai niente della mattina alla sera”, “ti ammazzo”».

E ancora: «Durante un litigio mio madre ha reagito impugnando una forchetta, mi sono messo in mezzo ma mio padre mi ha preso per un braccio e spostato. Anche io ho subito calci e pugni. Sotto il letto, da usare in caso di emergenza, tenevo una canna di bambù». Era l’alcol il nemico numero uno dell’imputato, un 50enne difeso dall’avvocato Fabrizio Menghini: «Quando beveva diventata incontrollabile - ha spiegato il figlio - tanto che con mamma avevamo un segnale in codice: con una parola ci avvisavamo del senso di pericolo». L’uomo respinge tutte le accuse: ci sarebbero stati dei litigi, portati da un rapporto particolarmente conflittuale. Il processo è stato aggiornato.

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