Ancona, la battaglia di Noemi: «Contro
i due mostri sclerosi e burocrazia»

Ancona, la battaglia di Noemi: «Contro i due mostri sclerosi e burocrazia»
di Giacomo Quattrini
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Giovedì 2 Maggio 2019, 10:01 - Ultimo aggiornamento: 10:07
OSIMO La lotta quotidiana di una mamma malata. Costretta a vivere in un vortice di cortocircuiti creati dal sistema sanitario e dalla burocrazia. Esami a pagamento, l’aggravamento rinunciato per poter accudire la famiglia, istituzioni lontane, un lavoro impossibile e il futuro pieno di incognite. Noemi Petta, 31 anni, osimana, si fa forza e decide di raccontarsi proprio nel giorno della Festa del Lavoro. Lei che un lavoro lo vorrebbe ma per la sua malattia è stata a volte discriminata fino ad essere costretta ad abbandonarlo.

Noemi è malata da 3 anni di sclerosi multipla. I medici gli hanno diagnosticato delle placche in testa che le provocano stanchezza, dolori articolari, tremori e, a volte, improvvisi annebbiamenti, svarioni fino a cadere a terra, assenza di tensione muscolare. Una situazione che è peggiorata nel corso del tempo fino a farle perdere la vista dall’occhio destro. Ma Noemi è una mamma e non può mollare. Ha una figlia di 5 anni che vive con lei e il suo compagno, Maurizio Quaranta. Il primo figlio di 10 anni non sta invece con loro: «Non riuscirei a stare dietro ad entrambi, lui vive con suo padre, con il quale ho un ottimo rapporto. Non voglio far pesare la mia situazione su un ragazzino che ha tanta vitalità. Impiego tutte le mie forze per mia figlia, che a 5 anni è già una piccola donna». Noemi quando parla ha occhi grandi e lucidi, ma la forza di una tigre che, nonostante alti e bassi, sa che non può darla vinta alla malattia. Ha voglia di vivere, ma non così. «Noi malati di sclerosi multipla siamo abbandonati da questa società e nel mio caso le istituzioni invece che aiutarmi mi complicano la vita». Noemi si riferisce anche alla situazione del compagno Maurizio, con il quale ha una relazione da 7 anni. Nativo di Torino, Maurizio anni fa venne pizzicato con qualche grammo di droga leggera e da lì gli venne revocata la patente.
 
«È vero, feci una cavolata, ma adesso il mio mondo è tutto diverso –racconta Maurizio-. Nel 2017 la revoca è scaduta ma dalla Prefettura non hanno ancora firmato il via libera per la riabilitazione. Ho superato l’esame di teoria a pieni voti ma per la pratica serve questo passaggio burocratico per il quale ho speso centinaia di euro invano. Senza auto non è semplice accudire una compagna malata e una bimba». Per fortuna lui lavora: «Devo ringraziare la Silga di Castelfidardo che mi lascia tornare a casa ogni qualvolta è necessario ma anche i colleghi che mi passano a prendere. Per ora ho solo il foglio rosa e quindi è difficile organizzarsi». È Noemi quindi a guidare, accompagnando ad esempio la figlia all’asilo di Campocavallo o a fare gli accertamenti per la sclerosi: «Ma è sempre più difficile, a volte capita che perdo il contatto con l’esterno. Dovrei chiedere l’aggravamento della malattia per ottenere più del 50% di invalidità e un assegno dallo Stato, ma se lo faccio perdo la patente e come andiamo avanti se Maurizio è bloccato dalla burocrazia?».

La malattia compare a giugno 2016: alla rotatoria del Cerretano Noemi tira dritto causando un incidente. Una sospetta mancanza di lucidità. Ma si va avanti. Una mattina di febbraio 2017 si alza con la bocca storta, la paura di un ictus o una ischemia. Iniziano gli accertamenti che portano a diagnosticare la sclerosi multipla a placche. Le prime terapie non fanno effetto. Ora Noemi pratica una iniezione di interferone ogni 15 giorni. «È una bomba simile alla chemio, ma la devo fare a casa da sola, non è previsto il ricovero anche se provoca grandi scompensi per giorni», dice sconsolata la giovane mamma, che aggiunge: «Questa situazione mi causa depressione, vengo seguita da psicologi, ma lo Stato non mi passa neanche la fisioterapia che pure sarebbe utile». Problemi anche col lavoro: «Prima stavo in una piccola impresa di pulizie ma i tanti giorni di malattia presi li hanno portati a licenziarmi. Ho provato col collocamento mirato, ma la prima esperienza è stata un incubo e poi mi proposero un lavoro ma a Fano. Vale la pena per poi pagare una baby sitter?».
 
Quello che Noemi chiede è di curarsi per vivere, non vivere per curarsi. «A giugno ho la risonanza alla testa per vedere se l’interferone fa effetto, ma la visita neurologica me l’hanno poi fissata a ottobre, dopo quattro mesi, non sono troppi?». La 31enne dice di «parlare per tanti altri malati come me, che non possono esporsi. Ci aiutino a vivere decorosamente e non farci sentire soli».
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