I furbetti dell'aperitivo in porto, in barba ai divieti. Il barista: «Li allontaniamo, ma ci insultano»

Uno dei locali del porto
Uno dei locali del porto
di Stefano Rispoli
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Giovedì 15 Aprile 2021, 04:05

ANCONA - I furbetti dell’aperitivo ci provano sempre. Si camuffano da viaggiatori e si accomodano ai tavoli dei locali del porto, nella speranza di consumare un pranzo di soppiatto o sorseggiare un drink abusivo. Fanno finta di niente e se vengono ripresi, si ribellano.

«L’altro giorno sono arrivati dei ragazzi anconetani, si sono seduti, hanno chiesto da bere e quando li abbiamo invitati ad allontanarsi hanno avuto anche il coraggio di arrabbiarsi e insultarci» racconta Andrea Manganelli dell’omonimo bar. Sì perché lo scalo dorico non è più il mondo a parte di una volta, in cui si poteva pranzare, cenare e fare l’aperitivo anche durante il lockdown. 
Dal 23 febbraio vige l’ordinanza comunale per cui «la fruizione degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande situati in area portuale è riservata esclusivamente ai viaggiatori muniti di titolo di viaggio nelle sole giornate di imbarco e di sbarco». Peccato che molti giovani anconetani se ne infischiano e ci provano lo stesso, in barba ai divieti. Ma il punto ora è un altro: fino a quando resterà in vigore l’ordinanza del sindaco Mancinelli? «Sino alla sussistenza dello stato di emergenza», recita il dispositivo. Ma quando si tornerà in zona gialla come dovranno comportarsi gli operatori del porto? Dovranno chiudere alle 18, come i bar e i ristoranti “normali”, per proseguire con asporto e delivery? Oppure potranno servire ai tavoli a tutti i clienti fino alle 22 - così funzionava prima dell’ordinanza -, in quanto equiparati agli autogrill? Mistero. «Non sappiamo cosa accadrà, io mi auguro che a maggio potremo riaprire tutti a pranzo e a cena, noi e qualunque attività di ristorazione - è l’auspicio di Manganelli - anche perché noi non siamo tenuti a chiedere un biglietto d’imbarco ai clienti: sono loro che lo devono esibire e siamo stanchi di dover fare i controllori, dopo aver già ingaggiato i buttafuori per la sicurezza ed esserci presi insulti da tutti come se fossimo degli abusivi, solo perché eravamo aperti durante il lockdown perché la legge lo consentiva».

Ma non è solo l’ordinanza a preoccupare gli operatori del porto. L’altro rebus è legato ai tempi di ristrutturazione del danno provocato dalle infiltrazioni d’acqua che hanno portato a un cedimento del soffitto dell’ex palazzo Trionfi, a seguito del quale l’Autorità portuale con un’ordinanza ha vietato il transito pedonale sul marciapiede sottostante, consentendo l’accesso al solo ufficio postale già messo in sicurezza. Rete Ferroviaria Italiana si è impegnata a farsi carico dei lavori, ma intanto due locali (il Bar del Porto e Anguì) sono stati costretti a rinviare l’apertura. «Speriamo facciano in fretta, siamo molto preoccupati - ammette Francesca Mabiglia del “Barino” -. Eravamo convinti di poter fare almeno l’asporto per metà aprile, ma sarà impossibile». Si dice allarmato anche Andrea Brazzini di Anguì: «Avevamo deciso di riaprire i primi di aprile, ma ci siamo trovati questa sorpresa del crollo dovuto a infiltrazioni d’acqua. Noi siamo chiusi da ottobre: la beffa sarebbe se a maggio dovessero riaprire tutti tranne noi a causa dei lavori in corso». 

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