ANCONA - «Quelle strade non sono così pericolose, gli autovelox sono illegittimi». È la sintesi del ricorso straordinario al presidente della Repubblica depositato da un Comitato di automobilisti che da anni conduce una strenua battaglia contro i rilevatori elettronici della velocità, visti come uno strumento “per fare cassa” a disposizione dei Comuni più che un deterrente contro i furbetti dell’acceleratore.
Il ricorso contro il Ministero degli Interni, la Prefettura di Ancona e la Polizia stradale dorica si concentra sul decreto prefettizio del 6 marzo scorso (e di tutti gli atti connessi, inclusi i pareri resi dalla Polstrada di Ancona il 30 settembre e il 16 dicembre 2020) con cui si autorizza il posizionamento di autovelox con accesso remoto su 32 tratti di strade statali, regionali, provinciali e comunali dell’Anconetano, tra cui le strade comunali di tipo “D” (la Flaminia tra piazza Rosselli e via Conca, via Bocconi, l’asse nord-sud, via 1° Maggio e via Albertini).
Il Comitato contesta la violazione di legge, l’eccesso di potere, la falsità di presupposti di fatto e di diritto, il difetto di istruttoria, la perplessità della motivazione e la contraddittorietà manifesta del decreto prefettizio che, in sostanza, non rispetterebbe i criteri stabiliti nelle due circolari ministeriali (la Maroni del 2009 e la Minniti del 2017) sulla regolamentazione degli autovelox, emesse per «favorire un impiego diffuso della tecnologia non esclusivamente a fini sanzionatori, ma in modo coerente con l’obiettivo di ridurre drasticamente gli incidenti». Il punto è proprio questo: le 32 strade individuate dalla Prefettura dorica non sarebbero così pericolose da giustificare i velox già esistenti e l’installazione di nuovi. La circolare Minniti, infatti, individua due inderogabili elementi-cardine per consentire l’attivazione di rilevatori di velocità: l’elevato livello di incidentalità misurata nell’ultimo quinquennio nel tratto interessato o nelle immediate vicinanze (con l’indicazione, per ciascun sinistro, delle presumibili cause) e la documentata impossibilità o difficoltà di procedere alla contestazione immediata.