Ancona, l'agguato del vicino stalker
padre e figlio presi e pugni e morsi

La polizia indaga dopo la denuncia
La polizia indaga dopo la denuncia
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Giovedì 9 Novembre 2017, 06:15
ANCONA - Lo stalker della porta accanto ha un ghigno strafottente e un costante atteggiamento di sfida. Non si fa problemi a insultare i vicini e i loro figli, a inseguirli per strada e minacciarli. Con l’arroganza di chi sa che la legge non è affatto uguale per tutti, urla «chiamate la polizia, ne ho tante di denunce...» e poi si lascia andare alla più cieca violenza. Non è chiaro se sia stato lui a sfasciare due auto, lanciandone una in discesa e prendendo l’altra a martellate. Sull’aggressione dell’altra sera, invece, non ci sono dubbi: è stato lo stalker, un 35enne disoccupato che vive con la madre, a prendere a pugni padre e figlio che vivono al piano di sopra, dopo averli incrociati e inseguiti per strada. Ha sferrato ganci e diretti che hanno messo ko il rivale e non contento l’ha azzannato con un morso al polpaccio. Poi se l’è presa col figlio di lui, intervenuto per separarli. Li ha mandati entrambi all’ospedale. Bilancio: 30 giorni di prognosi per il padre, che ha riportato la frattura del setto nasale e contusioni alla mano e alla gamba, 20 per il figlio, costretto a un guanto gessato per un trauma al polso. Anche solo uscire di casa è ormai un problema per la famiglia Di Pietro, che da anni vive un incubo e già a marzo 2014 si era trasferita in un altro appartamento del condominio di via Brecce Bianche. Tutto per avergli chiesto di far meno rumore col martello, nella domenica di Pasqua 2013. Da allora, dispetti e guai. Rumori molesti, radio e tv a tutto volume anche di notte, aspirapolvere lasciato volutamente acceso per ore. Poi l’escalation di violenza che ha raggiunto picchi da allarme rosso, come dimostra la paurosa aggressione di martedì. «Erano le 19,30 - racconta Emilio, 54 anni, ex finanziere - Io e mio figlio di 22 anni siamo usciti per portare a spasso i cani. Nel vialetto ci accorgiamo che il vicino è dietro di noi. Acceleriamo il passo, cambiamo strada, ma niente: continua a seguirci. Lo facciamo passare, ci provoca con dei gestacci, ma lo ignoriamo. Arrivati nel palazzo, dice: “Fammi passare”. Non faccio in tempo a voltarmi che mi colpisce con un pugno al naso, mi mette il braccio attorno al collo e mi tira all’indietro, facendomi cadere per le scale. Gli finisco addosso, lui urlare e mi dà un morso al polpaccio mentre tento di rialzarmi. Mio figlio interviene, gli dice di fermarsi. Ma quello gli rifila una gomitata al naso, lo abbraccia e lo spinge contro il muro, minacciando di spezzargli il collo».
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