ANCONA - Un blitz studiato a tavolino, non certo un bersaglio casuale. Gli aggressori non conoscevano la vittima, ma sapevano bene a chi doversi rivolgere. Sono andati dritti a casa sua: hanno suonato al campanello, con una domanda apparentemente innocua hanno chiesto se fosse lui l’uomo che stavano cercando. E a quel punto, non hanno avuto esitazione: prima l’hanno picchiato, poi l’hanno segregato in cucina, tappandogli la bocca con del nastro adesivo, utilizzato anche per immobilizzarlo e legarlo a una sedia.
Quindi hanno messo sotto sopra l’intera abitazione, a caccia di soldi: solo dopo aver racimolato circa 1.400 euro si sono dati alla fuga.
Il giallo
Restano ancora tutti da chiarire i contorni della rapina choc avvenuta giovedì sera in un appartamento di via Cardeto.
I sospetti
Il sospetto - anche se al momento non è suffragato da riscontri effettivi - è che il 60enne fosse già nel mirino dei due banditi: un bersaglio scelto, per nulla casuale. D’altronde, che senso avrebbe bussare alla porta di uno sconosciuto e rapinarlo in casa, con il rischio di imbattersi in altri inquilini o di essere sentiti dai vicini? Ma se così fosse, perché nel mirino dei malviventi è finito un impiegato e non una persona facoltosa? Come facevano a sapere che in casa nascondeva dei soldi? E soprattutto, perché hanno deciso di colpire in un’abitazione in pieno centro, esponendosi al rischio di essere notati da qualcuno? Che si tratti di un regolamento di conti o di una vendetta? Tutte le ipotesi restano aperte, anche se il 60enne anconetano rapinato non ha fornito particolari elementi su cui investigare: nessun precedente, una vita normale, irreprensibile. E allora perché arrivare a legarlo ad una sedia, minacciarlo anche con una pistola (sia pure finta: aveva il tappo rosso) e massacrarlo di botte, tanto da mandarlo all’ospedale con due costole rotte e 25 giorni di prognosi? Domande a cui gli investigatori sperano di riuscire a dare risposte a breve giro, anche se dei banditi non c’è traccia.