L’addio a Edoardo Longarini: un re tra calcio e incompiute. In quattro mesi dalla serie A all'arresto per tangenti

L’addio a Edoardo Longarini: un re tra calcio e incompiute
L’addio a Edoardo Longarini: un re tra calcio e incompiute
di Lorenzo Sconocchini
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Mercoledì 2 Settembre 2020, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 09:49

ANCONA  - Se ne va l’imprenditore che ha portato l’Ancona del calcio in serie A e trascinato quella delle infrastrutture nel limbo delle incompiute, come concessionario unico del piano di ricostruzione del capoluogo di regione. Anche se ora che Edoardo Longarini non c’è più, morto l’altra notte nella sua abitazione romana ai Parioli dopo un malore che l’aveva colto già domenica, chi gli è stato vicino nella sua lunga stagione anconetana, chiamandolo affettuosamente Zio Edo, ricorda che in fondo le strade costruite dall’Adriatica Costruzioni, a partire dall’asse Nord-sud, sono state le ultime grandi opere infrastrutturali realizzate nel capoluogo, a parte forse la galleria di San Martino, completata da altri dopo che il Ragioniere era caduto in disgrazia a seguito dell’arresto del ‘92 per tangenti. 

 
Costruttore, ma anche editore e grande finanziatore di club calcistici (dopo l’Ancona prese la Lodigiani e la Ternana) Edoardo Longarini avrebbe compiuto 89 anni sabato prossimo, ma già da tempo non stava bene. A gennaio aveva superato una brutta polmonite, ma ne era uscito parecchio debilitato, anche se lo spirito battagliero era quello di sempre, spavaldo nel difendere i suoi interessi contro lo Stato e il Comune di Ancona, con cui era da quasi trent’anni in lite per cifre astronomiche. Pretendeva risarcimenti per un miliardo di euro, per la revoca delle concessioni ministeriali a suo dire ingiustificata, nonostante le condanne penali per corruzione e truffa ai danni dello Stato (poi cancellate dalla prescrizione) e una sentenza civile di primo grado sulle incompiute che lo ha costretto a risarcire Palazzo del Popolo con oltre 8 milioni, subito spesi dal Comune per rifare strade malmesse.

Partito da Tolentino, sua città natale, come commerciante di lubrificanti per auto, le fortune dell’imprenditore Longarini sono legate soprattutto agli appalti pubblici che la sua Adriatica Costruzioni riuscì a collezionare grazie anche ai solidi agganci politici che il patron vantava per la sua dichiarata fede democristiana. Era stato segretario comunale dello Scudo Crociato a Falconara, dove si era trasferito, e soprattutto molto amico del pesarese Arnaldo Forlani e dell’ex ministro dei Lavori pubblici Giovanni Prandini. Agganci politici che giocarono un ruolo decisivo, secondo i suoi storici detrattori, nell’ottenere la licenza di concessionario unico per conto del ministero dei Lavori pubblici, quando il Governo decise di rispolverare una legge del 1929 il «piano di ricostruzione post-bellica» per schivare le lungaggini degli appalti e affidarsi a un solo imprenditore.

Così l’Adriatica Costruzione di Longarini si aggiudicò non solo gli appalti per le infrastrutture che avrebbero dovuto ammodernare Ancona, uscita dalle macerie del terremoto del ‘72 e poi dalla frana, ma anche i piani di ricostruzione di Macerata e Ariano Irpino. Un affare da 1.208 miliardi di lire: 615 ad Ancona, 285 a Macerata e 310 in Irpinia. Editore di quotidiani locali con la catena delle Gazzette e di Galassia Tv, poi fallite, Zio Edo (ribattezzato il Ragioniere delle Incompiute per i cantieri a lungo fermi) è stato imprenditore multiforme, capace anche di acquistare cantieri navali come Castracani e Nicolini e di proiettare l’Ancona Calcio fino alla serie A, nell’indimenticabile domenica del 7 giugno ‘92 a Bologna. Quattro mesi dopo però, la notte tra l’8 e il 9 ottobre, i carabinieri della Procura di Ancona inviati dal pubblico ministero Vincenzo Luzi lo andarono ad arrestare nella sua residenza ai Parioli con l’accusa di aver messo in piedi, grazie alla complicità di alti funzionari dei Lavori Pubblici, un sistema di tangenti attraverso cui il costruttore avrebbe ottenuto favori d’oro (soprattutto gonfiando il coefficiente di rivalutazione prezzi) e compiuto un raggiro da 180 miliardi di lire ai danni delle finanze pubbliche.

Quella notte, mentre Zio Edo si lamentava con i marescialli della Pg per la scomodità dell’Arna che lo trasportava da Roma verso Montacuto (dove restò un paio di settimane prima di ottenere i domiciliari) iniziava il lungo tramonto del patriarca dei cantieri anconetani.

Arrivò subito la revoca della concessione con il decreto firmato dal ministro Francesco Merloni che sfilava all’Adriatica Costruzioni il completamento di opere come l’asse nord-sud, il by-pass della Palombella e la galleria San Martino. Ma il legame affettivo con Ancona non si è mai interrotto (ieri sui social molti lo ricordavano per i successi nel calcio). E nemmeno gli affari, condotti con la Metropolitan Building, come il restyling dell’ex Metropolitan e dell’ex Omni trasformato in albergo.

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