L'avrebbe uccisa perché ossessionato da lei, dal pensiero continuo nei suoi confronti, come se fosse dipendente da una droga. Giovanni Padovani, l'ex calciatore senigalliese 27enne, accusato dell'omicidio di Alessandra Matteuzzi, 56 anni, presa a martellate, calci e pugni, risponde alle domande del magistrato in un lungo interrogatorio in carcere, in cui più volte ha interrotto il suo racconto a causa delle crisi di pianto.
Piano mentale
Un'ossessione dietro alla quale, però, non ci sarebbe stato un reale piano per ucciderla, ma solo un'idea che nella sua testa era virtuale. «Uno sfogo mentale, qualcosa a cui pensavo per liberarmi la testa da quel pensiero», ha detto Padovani al pm, nonostante nelle settimane precedenti avesse cercato con compulsività sul web, modi e metodi, per uccidere, scappare e farla franca. «Lei era la mia droga, la mia ossessione.
Nega la premeditazione
L'ex calciatore, dunque, nega di aver premeditato un piano per assassinarla, eppure quella sera con sè aveva portato il martello, che secondo la sua versione sarebbe servito per difendersi dal cognato di Alessandra, che in passato era stato minaccioso nei suoi confronti avrebbe detto al pm nell'interrogatorio.
Dettagli inquietanti
Ma per gli inquirenti, non ci sono dubbi. Padovani sul proprio telefono aveva scritto ogni dettaglio come è emerso dalla perizia tecnica informatica disposta dalla Procura sui cellulari e computer di Alessandra e del suo presunto assassino: «Nastro isolante. Martello. Corda (meglio manette). Fai chat inventata tra te e lei dove ti dice di venire a casa sua e portare manette. Domenica 21 agosto inizio chat. Lunedì 22 ore». Il 23 agosto, il delitto di Alessandra.
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