BOLOGNA - A nove mesi dal delitto ancora la storia fa rumore. Alessandra Matteuzzi il 23 agosto del 2022 è stata uccisa sotto casa a Bologna, in via dell'Arcoveggio, e per l'omicidio è in carcere il suo ex fidanzato, il calciatore nato a Senigallia Giovanni Padovani. La prima udienza del processo è fissata il 3 maggio davanti alla Corte d'assise, per omicidio aggravato da premeditazione, stalking, futili motivi e legame affettivo: ma emergono nuovi particolari dell'ossessione di Padovani nei confronti della ex, dettata da una gelosia incontrollata, con particolari decisamente inquietanti.
Le richieste choc a un investigatore
A novembre 2021 Padovani aveva cercato di assumere un investigatore privato per far controllare Alessandra: a contattare la squadra mobile che ha indagato sul delitto era stato lo stesso investigatore, a fine agosto, dopo aver letto sui giornali dell'omicidio, riferendo di alcune richieste «ossessive» e «che rasentavano talvolta l'assurdità» che il 27enne Padovani gli fece. La sua testimonianza è agli atti dell'inchiesta. «Fin dall'inizio - ha raccontato l'investigatore - mi telefonava con grande insistenza, circa 10-15 volte al giorno, anche in orari notturni, pretendendo di avere ragguagli in tempo reale sugli spostamenti di Matteuzzi» per avere «conferme sulle indicazioni che lei gli forniva al telefono».
L'investigatore ha spiegato alla polizia di aver lavorato per Padovani solo tre giorni e poi di aver interrotto, visto il suo comportamento che «era davvero eccessivo, direi ossessivo, tanto che più di una volta gli ho riferito che le sue richieste non corrispondevano al nostro modo di lavorare.
Un vicino: «Mai visto scena così cruenta»
«Non mi era mai capitato in vita mia di assistere direttamente a una scena così cruenta», ha raccontato invece un vicino di Alessandra, che ha descritto le fasi del delitto a cui ha assistito, sentito qualche giorno dopo dalla squadra mobile. La testimonianza, agli atti dell'indagine della Procura, è quella di chi intervenne per tentare di calmare il 27enne calciatore dilettante, quando però ormai era tardi, perché aveva già colpito Alessandra con un martello, con una panchina e con calci e pugni anche quando era già priva di sensi.
Il vicino, che si frappose tra l'indagato e la vittima per impedirgli di infierire ulteriormente, ha riferito che Padovani a un certo punto raccolse da terra il telefono della donna, iniziò a scorrere le chat «aprendone alcune per farmi vedere il contenuto e aggiungendo: 'guarda, vedi che mi tradisce'». «Per me le condotte che il ragazzo portava avanti erano quelle di una persona scossa, ma comunque centrata, presente e attenta a quello che stava facendo». Un'altra vicina, anche lei intervenuta richiamata dalle urla, ha confermato che «la scena era tremenda» «Lui - ha aggiunto - era lucido, freddo e dicendogli di smetterla ho afferrato la panchina riuscendo a distanziarla da loro, trascinandola, lontana dal corpo di lei». Padovani avrebbe ripetuto a chi era lì: «Non ce l'ho con voi» e «Tanto in carcere ci vado».
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