​Immigrazione clandestina
“81 anni per la gang italo-cinese”

​Immigrazione clandestina “81 anni per la gang italo-cinese”
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Lunedì 12 Maggio 2014, 20:59 - Ultimo aggiornamento: 21:00
ANCONA - Per reati che vanno dall'associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina alle false attestazioni per favorire l'arrivo in Italia di cittadini cinesi, il pm di Ancona Mariangela Farneti ha chiesto oggi condanne per complessivi 81 anni di reclusione a carico di 22 persone (tra italiani e cinesi) finite nel mirino della Guardia di finanza nel 2008 per fatti accaduti dal 2006.

Oggi si è svolta l'udienza di discussione e, al termine, i giudici hanno rinviato al 27 maggio per le repliche e per la sentenza. Secondo l'accusa, una vera e propria organizzazione per delinquere capeggiata dal commercialista di Pianello Vallesina Savino Fantini era dedita a produrre false attestazione e certificazioni per giustificare ricongiungimenti familiari in Italia di migranti cinesi poi impiegati in laboratori tessili della zona.

Per il presunto promotore del sodalizio il pm ha chiesto la pena più alta: 11 anni e 10 mesi di carcere oltre a 495 mila euro di multa. Del reato associativo devono rispondere anche le segretarie di studio di Fantini, Stefania Tosti e Alessia Sabbatini per le quali però la procura ha sollecitato una condanna a otto mesi di reclusione per il minimo contributo fornito al loro datore di lavoro. Altri presunti membri dell'associazione ancora a giudizio (alcuni imputati hanno già patteggiato) sarebbero He Xiaoping (il pm ha chiesto 6 anni e 7 mesi) e Dong Wenlu (5 anni e 3 mesi). Il pubblico ministero ha inoltre sollecitato la condanna a tre anni di carcere per induzione indebita a dare utilità di tre carabinieri all'epoca in servizio presso la caserma di Castelplanio. I militari sono accusati di essersi fatti consegnare dal titolare di un laboratorio cinese alcuni oggetti dopo il sequestro della fabbrica: si tratta del maresciallo Giuseppe Tarascio (1.000 euro e una catenina d'oro), e degli appuntati Michele Di Napoli e Giuseppe Malizia (un telefonino cellulare ciascuno). Tutti i difensori hanno respinto le accuse e chiesto l'assoluzione per i loro assistiti.

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