«Hanno il Covid, non comprate da loro». Tre a giudizio per il vocale su whatsapp

«Hanno il Covid, non comprate da loro». Tre a giudizio per il vocale su whatsapp
«Hanno il Covid, non comprate da loro». Tre a giudizio per il vocale su whatsapp
di Alfredo d'Alessandro
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Venerdì 20 Gennaio 2023, 08:47

Rischia di costare caro all'autore e a chi lo ha diffuso il messaggio vocale, rimbalzato sulle chat in maniera virale, che nel 20 marzo del 2020, nel pieno di una pandemia che metteva paura e mieteva vittime, indicava nel titolare di un noto negozio di salumi e formaggi ubicato nel centro di Chieti, la persona che, pur contagiata da Covid 19, aveva comunque continuato a tenere aperto il proprio esercizio commerciale, non rispettando il periodo di quarantena e pertanto creando un concreto periodi diffusione dei contagi. Insomma, una sorta di untore. Per questa vicenda tre persone sono state raggiunte da citazione diretta in giudizio dal pm Marika Ponziani: si tratta di due uomini e una donna, accusati di procurato allarme e diffamazione.


Moglie e marito, titolari del negozio, assistiti dall'avvocato Valerio Argentieri, si sono costituiti parte civile e chiedono un risarcimento del danno non patrimoniale pari a 300.000 euro. Mentre il danno patrimoniale sarà determinato all'esito del processo.


Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Florenzo Coletti, Antonello D'Aloisio e Omar Sanelli. La prima udienza si terrà il 13 luglio dopo che ieri il giudice monocratico Morena Susi ha accolto l'istanza di due dei tre difensori di riunire in unico procedimento i due tronconi del processo che si era determinato in seguito allo stralcio operato in precedenza a favore di uno dei tre imputati.

La vicenda destò allarme e preoccupazione e fu l'allora sindaco, Umberto Di Primio, a presentare un esposto.

Il vocale, che girava su whatsapp era piuttosto inquietante, evocando fatti e circostanze del tutto falsi come venne a accertato nell'immediatezza. Una delle frasi contenute nel messaggio affermava, riferendosi al negozio, «non andate qui, si dice che il marito con il virus e lei continua a lavorare». E ancora «queste persone hanno fatto un macello, nonostante sapeva che aveva il Covid hanno continuato a tenere aperto l'alimentari e quindi ha infettato oltre ai suoi dipendenti non si sa quanta gente che è andata a fare la spesa, oggi i carabinieri e la polizia hanno fatto un blitz e hanno sequestrato il mondo» e «questo qui ha fatto un massacro e i restanti della famiglia li hanno arrestati».

Frasi che hanno fatto scattare in capo ai tre imputati l'accusa di diffamazione dal momento che nulla di ciò che veniva denunciato si era verificato, come accertato dalle immediate indagini. Ma quelle affermazioni, veicolate a più persone, fecero presa su chi le aveva ascoltate con il risultato, fra l'altro, che gli incassi del negozio si dimezzarono. Quanto al procurato allarme, recita l'imputazione a carico dei tre procuravano allarme nei cittadini e nella pubblica autorità che, espletate le indagini del caso, accertava l'infondatezza della notizia. Il Comune di Chieti, individuato come parte offesa, non si è costituito parte civile.
 

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