Abruzzo arancione a metà, Chieti e Pescara in zona rossa: «E' per proteggere i bambini»

Abruzzo arancione a metà, Chieti e Pescara in zona rossa: «E' per proteggere i bambini»
di Stefano Dascoli
4 Minuti di Lettura
Sabato 13 Febbraio 2021, 07:01 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 12:27

Da domani l'Abruzzo sarà bicolore: zona rossa per 14 giorni nelle province di Chieti e Pescara, quelle dove la variante inglese sta ormai imperversando, colpendo un positivo su due; fascia arancione nell'Aquilano e nel Teramano, che subiscono l'aggravarsi generale dell'epidemia di coronavirus, mostrando, peraltro, i primi segnali di un peggioramento localizzato. Restrizioni differenti frutto di due provvedimenti. Il governatore Marco Marsilio, d'intesa con il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato una propria ordinanza per blindare le due province falcidiate dal virus, dopo che nei giorni scorsi analoga misura era stata adottata solo per tre comuni, due nel Chetino (Atessa e San Giovanni Teatino) e uno nel Pescarese (Tocco da Casauria).
Il ritorno in fascia arancione del resto della regione, invece, dopo appena 12 giorni di giallo, è arrivato dopo che la Cabina di regia nazionale, nel consueto esame settimanale degli indicatori, ha certificato l'aumento dell'indice Rt da 0.98 fino a un valore medio di 1.22, secondo peggiore d'Italia dopo la provincia di Bolzano, in un intervallo che va da 1.16 a 1.28. Schiumano rabbia e annunciano ricorsi i ristoratori, che quantomeno confidavano nella magra consolazione del pranzo di San Valentino e gli operatori invernali che lunedì non apriranno piste da sci e strutture ricettive. Marsilio ha dovuto cedere, ieri, dopo che il Comitato tecnico scientifico locale, sulla scorta degli ospedali ormai pieni sia a Chieti che a Pescara tanto da dover inviare pazienti all'Aquila e con le terapie intensive sull'orlo della soglia di rischio (28 per cento, con 53 ricoveri), ha chiesto una stretta decisa. Uno dei componenti, Pierluigi Cosenza, commissario dell'Agenzia sanitaria, ha chiarito che si è trattato di una mossa necessaria e preventiva: «La preoccupazione è che la variante inglese possa colpire anche i bambini e questo creerebbe grandi difficoltà».

Umbria zona rossa, l'epidemiologo: «Perugia è la nuova Codogno, si chiudano le province vicine prima che sia tardi»


BAMBINI
«La variante inglese è micidiale ha ammonito Marsilio -: sta mettendo in ginocchio tutti i luoghi in cui è comparsa e si diffonde. Richiamo tutti alla massima attenzione: non ci sono zone sicure. Anche le province di L'Aquila e Teramo registrano valori di Rt superiori a 1 e quindi compatibili con la zona arancione, in risalita rispetto alle ultime settimane». Anche i sindaci si sono mossi. Carlo Masci a Pescara e Diego Ferrara a Chieti hanno chiuso le scuole di ogni ordine e grado. Giro di vite (varato prima della zona rossa) anche sulla movida: per tutto il weekend nel capoluogo adriatico è sostanzialmente vietato fermarsi in strada, con la previsione di controlli rigidissimi. I dati che continuano ad affluire, d'altronde, confermano la valutazione degli esperti: in Abruzzo la terza ondata è già nei fatti, con una situazione al momento più pesante di quella che si è registrata a inizio epidemia e poi in autunno.
Nel lasso di tempo 3-9 febbraio la provincia pescarese è quella che, in Italia, ha avuto il maggiore incremento percentuale di casi, con un +11,3%.

E' inoltre, la quarta in Italia per incidenza: 305,3 casi su 100 mila abitanti. In tutto Abruzzo ci sono 560 persone in ospedale, di cui 53 in terapia intensiva. Un quadro rapidamente peggiorato a causa della variante inglese, come ha certificato il laboratorio di genetica molecolare dell'Università di Chieti, che insieme all'Istituto zooprofilattico di Teramo dà la caccia alle mutazioni. «Siamo arrivati a vedere - dice Stuppia - che circa metà dei tamponi positivi nelle province di Chieti e Pescara è data dalle varianti. E' come se progressivamente stessero scalzando il ceppo originario, impossessandosi del territorio. La prima conseguenza la stiamo già vedendo ed è l'aumento delle infezioni. La seconda, tutta da verificare, è la possibilità che chi ha contratto precedentemente il Covid nella sua forma originale possa essere reinfettato. Sarebbe un problema perché vorrebbe dire che l'immunità non sarebbe altrettanto attiva sulle varianti».

Video

© RIPRODUZIONE RISERVATA